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— Parola all'autore

Lei non sa chi sono io! Con Davide D'Urso

Lei non sa chi sono io! Con Davide D'Urso

Lei non sa chi sono io! è un questionario semiserio per conoscere meglio i nostri autori. In questa puntata chiacchieriamo con Davide D'Urso, scrittore, operatore culturale, libraio, dal 2013 dirige il punto vendita flegreo della catena Librerie.coop. I famelici. Sacrifici, espedienti e intrepide prodezze di gente comune e di noi che siamo venuti dopo è il suo secondo romanzo.

Chi ti ha insegnato a leggere e scrivere?

In coerenza con il cliché che vuole lo scrittore negato per le materie scientifiche, seguivo delle lezioni private per farmi entrare in testa la matematica. L’insegnante che mi dava ripetizioni è stato il mio primo “cattivo maestro”. Dopo lo studio, passavamo ore a parlare di società civile, anni di piombo, Pasolini, Sciascia, Calvino. A distanza di trent’anni quell’uomo fa ancora parte della mia vita. La letteratura crea legami inscindibili.

Volevi fare lo scrittore già da piccolo?

A dire il vero ho fin da piccolo amato la lettura; l’idea di scrivere è venuta molti anni dopo, e non è stato facile decidere di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura; era una scelta di vita radicale che avrebbe messo a soqquadro tutti i piani, miei e della mia famiglia; in un certo senso ho fatto outing, e non mi sono mai pentito di questa scelta.

Qual è il primo libro che ricordi di aver amato da bambino, e l’ultimo libro che hai letto? 


Durante un’estate della mia infanzia, assalito dalla noia, decisi di leggere uno dei tanti libri che mi avevano regalato e che fino a quel momento avevo ignorato. Era Cion Cion Blu di Pinin Carpi. Non mi sono mai divertito tanto! E allora presi a leggere tutti gli altri: I ragazzi della via Pál, L’isola del tesoro. Non ho più smesso. L’ultimo libro che ho letto in verità è una rilettura: Fannias Ventosca di Loria; insieme a due tra gli esordi più folgoranti degli ultimi anni: Dentro di Bonvissuto e il bellissimo Orfanzia di Athos Zontini.

Dove scrivi, come scrivi (a mano o su un computer) e in quali momenti della giornata?

Scrivo al pc. Piedi sulla scrivania e tastiera poggiata sulle gambe. La mia scrittura si adegua ai ritmi dei turni in libreria. È come vivere due vite: la mattina sono un uomo piuttosto malinconico, che parla poco e scrive (o legge, o studia) tanto. Il pomeriggio una persona piena di vitalità che accoglie i lettori con un sorriso.

Qual è la libreria che frequenti più spesso?

Naturalmente quella che dirigo. Qualcuno dovrebbe fotografarmi mentre guardo le campate della mia libreria, con un’espressione concentratissima, spesso orgogliosa, qualche volta furente di rabbia, se qualcosa non mi piace. E soprattutto l’espressione che mi accompagna quando sono nelle librerie degli altri: piena di una sufficienza di parte, per così dire. Qualche volta invece mi assale il panico, se trovo qualche libro che a me manca; se posso permettermi, è un’espressione che mi capita di avere di rado.

In viaggio porti con te libri di carta o eReader?

Sempre di carta. Non ho un eReader; non ho nemmeno uno smartphone.

Dove preferisci leggere?

Leggo quasi sempre sdraiato sul letto. Con il comodino al mio fianco dove ci sono penne di ogni colore per sottolineare. E block-notes per appuntare qualunque pensiero mi passi per la testa.

In che ordine tieni i libri sui tuoi scaffali?

Forse, per riflesso rispetto alla libreria dove i libri li distinguiamo per settori e sottosettori, per casa editrice o per autore, a casa la distinzione è molto elementare: letteratura straniera, italiana, critica letteraria; rigorosamente in ordine alfabetico.

Casa editrice o autore straniero molto amato?

Leggo per lo più letteratura italiana, e in misura minore gli stranieri. Forse, Philip Roth, Paul Auster e Capote sono gli americani che ho apprezzato di più in passato. Oggi preferisco rileggere quegli autori che, più che stranieri o italiani, mi sembrano di un altro mondo: Affinati, Silvio D’Arzo, Palazzeschi, Bilenchi; La Capria.

Un titolo che ti rappresenta o che vorresti aver scoperto tu.

Storia della mia gente di Nesi. Bello il libro, bello il titolo. I famelici poteva anche intitolarsi così.

C’è un libro che ti ha salvato in un momento difficile, o che ha cambiato il tuo percorso di vita?

Antonio Pascale, La citta distratta. Letto in una notte. Ero esterrefatto e euforico. Non immaginavo che si potesse fare narrativa oltre il romanzo e la forma racconto. E invece è oggi l’approccio che prediligo, anche grazie a lui.

Un libro che hai regalato a una persona amata?

Come libraio sono dell’idea che si debba scegliere un libro che vada incontro ai gusti di chi riceve il regalo e non di chi lo fa. Ma quando dimentico questo diktat da libraio e ragiono da scrittore scelgo sempre tre libri per me fondamentali: Quando vi ucciderete, maestro? di Franchini, La vita agra di Bianciardi e L’armonia perduta di La Capria.

Qual è il personaggio letterario che hai amato maggiormente?

Rubè, di BorgeseMeaursault di Camus, Garzanti raccontato da Parise nel Padrone, il Giovanni Pecorella del Don Giovanni in Sicilia di Brancati.

E quale il luogo della letteratura – anche fantastico – che vorresti visitare?

Il salottino fiorentino delle Giubbe rosse, a cavallo degli anni ’20 e ’30. O i tavolini dei bar romani negli anni ‘60, tra La Capria, Parise e Flaiano.

Quale libro secondo te si dovrebbe far leggere a scuola?

Satire italiane dell’immenso Comisso; I sillabari di Parise; Libera nos a malo di Meneghello; Le nozze coi fichi secchi di Goffredo Fofi.

Quale consiglio daresti a uno scrittore esordiente?

Facile. Leggere moltissimo, scrivere moltissimissimo, studiare moltissimissimissimo, sempre.

Facebook, Twitter, Instagram, o sei per il silenzio-social?

Sono grato a Facebook di avermi dato la possibilità di avere relazioni umane con persone che altrimenti non avrei avuto modo di contattare; persone che vivono lontano da me che, un po’ alla volta, un post dopo l’altro, ho finito per avere in pianta stabile nella mia vita. Per non dire delle decine di intellettuali che ho avuto modo di conoscere e con cui oggi mi confronto quasi quotidianamente.

Un aggettivo per il tuo carattere e un carattere di stampa che ti piace.

Famelico, di rapporti umani; Courier new.

Copertina rigida o brossura?

Brossura, senz’altro: più comodo, maneggevole.

Ci confidi un tuo sogno?

Il sogno più letterario e ricorrente che m’è capitato di fare mi vede seduto ai tavolini di marmo di un bar fin de siècle con un libro tra le mani, vestito di tutto punto, bombetta compresa, che guardo il panorama che ho davanti: il lago, la gente che mi circonda come nel quadro di Seurat, e una profonda e intima calma che mi pervade. Sì, lo so, sono pazzo!


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Davide D'Urso