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Svetlana Aleksievič e la crisi bielorussa

Svetlana Aleksievič e la crisi bielorussa

Settembre 2020, la crisi in Bielorussia si acuisce. In queste settimane difficili per il popolo bielorusso, abbiamo chiesto a Sergio Rapetti, traduttore italiano delle opere del premio Nobel Svetlana Aleksievič, in contatto con l'autrice asserragliata nella propria casa di Minsk, di raccontarci cosa sta succedendo tra gli intellettuali del paese e quale effetto abbia sortito l'appello della scrittrice agli intellettuali russi.

 


Svetlana Aleksievič nell’ultimo appello pubblicato in rete dal sito Colta.ru il 7 settembre, ripreso a livello internazionale e anche in Italia, ha affrontato alcuni importanti temi. Anzitutto ha fatto il punto sulle sorti dei promotori e responsabili del Consiglio di coordinamento dell’opposizione, del quale essa è il membro più illustre. Il presidente Lukašenko al potere in Bielorussia dal 1994, è stato riconfermato alla guida della nazione con le ultime consultazioni del 9 agosto, manipolate sotto ogni aspetto: così i candidati dell’opposizione erano stati via via esclusi, arrestati o alcuni infine costretti a riparare all’estero. Il popolo bielorusso stavolta era insorto, chiedendo il rispetto delle elementari regole della democrazia e nuove consultazioni. Scrive Aleksievič a proposito dell’azione del Consiglio:

Noi volevamo impedire che il nostro paese si spaccasse in due parti contrapposte. Volevamo l’inizio di un dialogo nella società.

Ebbene, a un mese di distanza questa prospettiva è del tutto svanita: come già accaduto ai candidati alle elezioni di inizio agosto, anche dei componenti il Consiglio è rimasta, assediata in casa e minacciata, la sola Aleksievič. Svetlana torna a ribadire che Lukašenko non deve temere la “piazza”, come lui definisce i partecipanti di manifestazioni ormai oceaniche, ma cercare il dialogo invocato dal popolo in tutto il paese. E chiede anche il sostegno dei “fratelli” russi, specie degli intellettuali: “Perché rimanete in silenzio a osservare come viene calpestato un piccolo popolo orgoglioso?” A questo proposito c’è stata un’immediata risposta alla Aleksievič, con lettere a lei rivolte di incondizionato appoggio e rese pubbliche, di alcune personalità russe note anche in Occidente nel campo della prosa e della poesia: Ljudmila Ulickaja, Aleksandr Archangel’skij, Ol'ga Sedakova, Lev Rubinštejn, e altri. E di lì a quattro giorni, l’11 settembre, il “Congresso della società civile – Congresso dell’intelligencija” ha diramato da Mosca un documento di sostegno alla “lotta degna di rispetto e della quale dovremmo seguire l’esempio, del popolo bielorusso, per una democrazia autenticamente rispettosa dei propri cittadini” sottoscritto da oltre 300 promotori-firmatari. E l’appello resta aperto ad altre adesioni.

Quei Congressi della società civile avvertono che nella loro stessa Russia “il dialogo tra società e potere è da molto tempo assente” e augurano “che ai cittadini della Repubblica bielorussa riesca ciò che non è alla portata dei cittadini della Russia: cambiare la politica di governanti […] che non rispettano i principi della democrazia, gli interessi dei cittadini e l’opinione pubblica”. L’ambito dei firmatari è quello di coloro che a suo tempo protestarono contro l’annessione della Crimea. E a questo proposito rilevano: “Così come hanno compromesso i legami fraterni che univano storicamente la Russia e l’Ucraina, i governanti russi adesso seminano la discordia tra Russia e Bielorussia.”

E gli esiti del recente incontro tra Lukašenko e Putin fanno capire che, almeno quanto alle aspettative di libertà e democrazia per i rispettivi popoli, non c’è da aspettarsi niente di nuovo.

C’è però anche un altro ambito, diverso da quello politico e geopolitico, quantomeno più durevole, ed è la vita interiore degli individui, e i valori insopprimibili che si tramandano persone, culture e popoli: ed è quello in cui si muove da sempre Aleksievič. Lo ricorda nella propria lettera alla scrittrice il poeta Rubinštejn, citando un’affermazione di Čechov:

Io credo nelle singole persone, vedo la salvezza in singole personalità sparse qua e là per la Russia – intellettuali o contadini che siano – e benché poco numerosi, è in essi la forza.

E cosa sono i libri di Aleksievič se non un’ininterrotta ricerca e testimonianza di persone qualsiasi, russe e bielorusse e ucraine o di altre etnie dell’ex impero sovietico capaci di empatia e dialogo, e di parole significative, addirittura di inconsapevoli squarci di grande letteratura, reperiti come “perle preziose” dallo sguardo-orecchio partecipe dell’autrice?

Sono gli ormai famosi “romanzi di voci” delle vittime ed eroi di catastrofi vissute che restano da decifrare per continuare a vivere: da Černobyl’ ai ragazzi della guerra afghana, alle donne soldato sovietiche, ai bimbi nella Bielorussia invasa dai tedeschi, al crollo dell’Unione Sovietica… e al “tempo di seconda mano” che gli è succeduto.

 

Sergio Rapetti, settembre 2020

Svetlana Aleksievič