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— Parola al traduttore

Dire quasi la stessa cosa. Intervista a Marzia Bosoni

Dire quasi la stessa cosa. Intervista a Marzia Bosoni

"Dire quasi la stessa cosa" è una serie di interviste ai nostri traduttori, per conoscere meglio questa splendida professione. Abbiamo parlato con Marzia Bosoni, tradutttrice per noi del classico della pedagogia Come apprendono i bambini di John Holt.

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Quando ha deciso che voleva diventare un traduttore?

La parola scritta è stata il mio mondo magico fin da bambina. Sono sempre stata affascinata dalla profonda ricchezza di ogni lingua, dal modo con cui ogni cultura forgia la propria e questa, a sua volta, contribuisce a modellare la cultura di cui è figlia. Non ho scelto di diventare una traduttrice: scrivere è la mia vita e tradurre è una delle strade che amo percorrere. Tuttavia ho un ricordo preciso del mio primo desiderio di tradurre un libro: lessi per la prima volta Into The Woods di Lyn Gardner nell’edizione italiana Tre sorelle nel bosco, ma fu soltanto quando, successivamente, lessi l’originale che colsi il significato del nome della sorella minore – Any. Un gioco di parole intraducibile, in italiano, ma che piantò in me il seme della traduzione letteraria e delle sfide che può comportare.

Qual è stato il primo libro che ha tradotto?

L’occasione di cimentarmi con la traduzione letteraria in maniera professionale arrivò grazie al mio impegno in ambito educativo. L’autrice e blogger americana Amy Knepper mi chiese di tradurre il suo libro Blueprint Homeschooling (Progetto Homeschooling nell’edizione italiana), rivolto alle famiglie che scelgono l’educazione parentale.

E il prossimo che vorrebbe tradurre?

Ce ne sono davvero tanti, ma il primo posto se lo contendono a pari merito due libri provenienti da sfere completamente diverse. Teach Your Own di John Holt: ho avuto il piacere e l’onore di tradurre How Children Learn (Come apprendono i bambini) del medesimo autore e sarei davvero felice di poter rendere disponibile al pubblico italiano quest’altra pietra miliare nella storia dell’educazione libera. Il seguito di Neverwhere (Nessun dove) di Neil Gaiman: l’autore britannico ha annunciato pochi anni fa la sua intenzione di scrivere il seguito del suo leggendario libro ambientato nella “Londra Sotto” e sarebbe magnifico prendere parte a quel nuovo viaggio. Gaiman è un autore che sa giocare con la lingua e con le storie che racconta in maniera magistrale: ogni suo racconto, oltre a essere un’esplorazione di luoghi più o meno oscuri, è un viaggio nella lingua e nelle infinite sfumature che la parola scritta può assumere.

Qual è secondo lei lo strumento più prezioso per un traduttore?

Leggere. Leggere nella propria lingua madre la maggior varietà di testi possibili: dai fumetti ai saggi, dai racconti di fantascienza ai romanzi storici. Leggere nella lingua da cui si traduce una simile varietà di testi, ma soprattutto testi dell’autore che si sta traducendo. Perché la traduzione non è mai mera trasposizione di parole o di concetti, ma è la capacità di farsi voce per un’altra persona, per un’altra mente.

Essere traduttore ha influito su di lei come lettore? In che modo?

Sicuramente ha aggiunto alle mie esperienze di lettrice una sorta di deformazione professionale, che mi porta talvolta a interrompere una lettura per domandarmi come avrei tradotto un passaggio o come, in epoche diverse, una stessa frase avrebbe potuto essere resa in modi totalmente diversi.

Che tipo di legame crea con gli autori che traduce?

Quando possibile, mi piace poter avere un contatto diretto con l’autore. Ogni libro rappresenta un pezzetto di sé che l’autore mette nelle mani di sconosciuti: un gesto di fiducia che merita il massimo rispetto. Un confronto diretto può rivelarsi talvolta fondamentale per comprendere meglio il testo. Ma naturalmente non è sempre possibile avere un dialogo privilegiato!

E con gli editori per cui traduce?

La mia esperienza non è così vasta da poter trarre delle conclusioni generali. Mi piacerebbe indubbiamente poter collaborare con una casa editrice nella stessa maniera con cui vorrei potermi confrontare con gli autori che traduco: un rapporto umano e diretto, che permetta di arricchire il mio lavoro di quel valore aggiunto derivante da una professionalità che non dimentica la dimensione personale.

Qual è il ricordo più bello della sua carriera?

Senza alcun’ombra di dubbio, il giorno in cui mi è stata offerta la possibilità di tradurre How Children Learn di John Holt, un libro che ha un profondo significato per me, come educatrice e come madre. Erano anni che, nella comunità homeschooler italiana, si parlava della necessità di tradurre questo e altri libri fondamentali; esserne la traduttrice ufficiale è stato davvero emozionante.

Quale libro vorrebbe aver tradotto?

Permettetemene due tra i tanti che, in modi e momenti diversi, hanno magistralmente interpretato la mia vita di lettrice: Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach e Buon Apocalisse a tutti! di Neil Gaiman (e Terry Pratchett). Considerato quanto questi autori e i loro libri hanno arricchito e reso piacevole la mia esperienza di lettrice, sarebbe un sogno aver potuto tradurre i testi che sono stati, in un certo senso, il loro esordio letterario!

Pensa che il ruolo del traduttore viva la giusta considerazione nel mondo editoriale di oggi?

Mi sembra che, negli ultimi anni, ci sia stata una timida riscoperta della figura del traduttore, che tuttavia continua a esistere in quella “zona crepuscolare” a metà strada tra l’artista della scrittura e lo studioso di lingua.

Che consigli darebbe a un giovane traduttore?

Di tradurre, naturalmente! Come per uno scrittore è essenziale scrivere ogni giorno, per un traduttore è indispensabile allenarsi ogni giorno. Tradurre testi, ma anche dialoghi di film, articoli di giornale, slogan pubblicitari – la transcreazione è un esercizio stimolante, oltre che una professione in crescita! C’è un mondo di autori indipendenti che desiderano rendere disponibili i propri libri in altre lingue: difficilmente possono permettersi di pagare (spesso offrono una percentuale sulle royalty, che si traduce in ben poca cosa), ma sono indubbiamente un’ottima occasione per far pratica. Consiglierei anche di continuare a leggere e diversificare le proprie letture il più possibile, per ampliare le proprie conoscenze e affinare i propri strumenti linguistici. E consiglierei di non arrendersi.