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— Parola all'editore

Olga Tokarczuk, premio Nobel 2018

Olga Tokarczuk, premio Nobel 2018

La notizia del Nobel

Quando Olga Tokarczuk ha raccontato di aver ricevuto per telefono la notizia del premio Nobel mentre era in auto in un punto imprecisato di un’autostrada tedesca, un nulla tra il qua e il là, nessuno in redazione si è stupito: lei quando può viaggia in macchina, prende treni se costretta e con una certa diffidenza, si accompagna a valigie molto grandi che il marito sospinge e controlla come un piccolo gregge – lei colorata e guardinga, un po’ in disparte ma vigile, come chi sa che le storie sbucano ovunque, e bisogna star pronti a coglierle; lui grigio e nero, elegante e sempre gentile e un po’ preoccupato.

Così a Roma a marzo, dove sono arrivati per LibriCome; così a Firenze a giugno per la finale del premio von Rezzori. Siamo stati fortunati ad averla in Italia due volte di fila, chissà ora quante altre cose avrà da fare. Ma non disperiamo. Se i libri sono uomini, come ha scritto Rubén Gallego, gli uomini – e dunque le donne – sono libri. Se possiamo leggerli siamo contenti così.

I vagabondi, il primo titolo in Bompiani

I vagabondi è il primo titolo di Olga Tokarczuk con Bompiani, incontrato alla fiera di Londra di due anni fa, con la Polonia paese ospite e dunque l’attenzione indirizzata verso libri e autori che altrimenti non è facile incrociare a meno che non ci sia un amico fidato, un collega, uno studioso che te li mette sotto il naso. S’intitola Bieguni, come un certo gruppo di nomadi dell’Est, ma anche Flights – così è uscito in Gran Bretagna nella bella, sobria edizione blu Cina di Fitzcarraldo – e alla prima lettura ha il fascino delle cose di cui intuisci la grandezza senza proprio capirla fino in fondo, sei a un passo dall’afferrarla, è evidente ma celata, è lì, ci sei quasi; e insieme è un libro che non mette paura, non è bizzarro o difficile o sprezzante. Devi solo lasciarti portar via, come dalla corrente del fiume che la narratrice bambina guardava pensando di voler andare un giorno con lui. La stabilità e l’immobilità come prigionia e stagnazione, il moto e il viaggio come confusione e scommessa: ecco qui il cuore del romanzo, però detto attraverso tante storie diverse, in apparenza prive di nessi, e invece.

L’ha spiegato lei stessa, Olga Tokarczuk, alla conferenza stampa di apertura della Fiera di Francoforte, una deviazione, una rapida tappa nel suo ennesimo viaggio. 

“Credo in una letteratura che lega le persone, che sottolinea ciò che hanno in comune oltre le differenze, che chiarisce come a un livello profondo, sotto la superficie delle nostre diversità, siamo legati da fili invisibili, siamo una parte piccola ma non insignificante di un’unità.”

Nel passaggio alla fiera, allo stand del suo editore svizzero-tedesco Kampa, immersa in una folla quasi pericolosa, circondata da hipster con belle barbe e bei sorrisi e da editori di tutto il mondo presi da una smania d’autografo quasi infantile, Olga ha ascoltato tutti, stretto mani, firmato e subìto fotografie con una pazienza illimitata e la gioia semplice di chi si prende il suo posto nel mondo. Poi un bicchiere di vino bianco, due chiacchiere sui prossimi impegni – una celebrazione in grande stile in Polonia, l’idea inquietante ed eccitante di passare da duecento a duemila ascoltatori alla volta – e via.

Per conoscere meglio Olga Tokarczuk

Olga Tokarczuk