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Nuove traduzioni. “Moneta del sogno” di Marguerite Yourcenar

Nuove traduzioni. “Moneta del sogno” di Marguerite Yourcenar

L'opera di rinnovamento del catalogo Bompiani passa, come lettori e lettrici sanno bene, anche dalla commissione di nuove traduzioni di opere amate e celebri e di autori importanti. Vi raccontiamo la storia di Moneta del sogno di Marguerite Yourcenar, ritradotto e curato per noi da Stefania Ricciardi per i Classici contemporanei.

Tanti incontri della nostra vita, tanti rapporti umani sono basati semplicemente sul fatto che si dà una moneta o una banconota a qualcuno in cambio di un francobollo o di un giornale della sera, senza sapere niente di quella persona.

Marguerite Yourcenar

Raramente uno scrittore si ostina per tanti anni e in tanti modi a interrogare le creature della sua immaginazione, a fantasticare sulla piega che la loro esistenza fittizia avrebbe preso se solo si fosse protratta, o avesse avuto un’altra possibilità per tornare indietro, rifacendo magari lo stesso percorso, ma con un passo diverso e tale da imprimere un’orma diversa. Marguerite Yourcenar ritorna sui passi di Moneta del sogno venticinque anni dopo la prima edizione, uscita nel 1934 da Grasset, e rinnova il libro per ampi tratti lasciandone immutati i personaggi, le vicende principali e lo sfondo perché questo romanzo doveva restare “essenzialmente datato”, come spiega nella prefazione alla seconda definitiva edizione, pubblicata da Plon nel 1959.
In seguito, Yourcenar cambierà ancora editore; nel 1971, tre anni dopo L’opera al nero coronato all’unanimità del prestigioso prix Fémina, Gallimard ripubblica Moneta del sogno in concomitanza con il suo adattamento teatrale, Dare a Cesare, realizzato dalla scrittrice nel 1961 ma mai andato in scena per mancanza di mezzi, e incluso più tardi nella raccolta Théâtre I. L’approdo all’Olimpo contemporaneo della “Bibliothèque de la Pléiade”, con il volume delle Œuvres Romanesques, risale al 1982: cinque anni prima della morte dell'autrice avvenuta.

Il percorso editoriale discontinuo di Moneta del sogno rispecchia la natura di questo romanzo anomalo nella produzione della scrittrice, unico a giustapporre mito e realtà, unico a ritrarre in presa diretta l’attualità del contesto: la Roma del 1933, nell’undicesimo anno della dittatura fascista, “e la Città in cui s’intreccia e si disfa eternamente l’avventura umana”. Moneta del sogno è tutto tranne che un’opera giovanile riesumata sull’onda del successo delle Memorie di Adriano e, proprio come quel libro, è il frutto di un’esperienza letteraria di venticinque anni. D’altronde, come ha osservato Gabrielle Rolin su Le Monde del 25 giugno 1971, Marguerite Yourcenar “leviga i suoi libri come l’oceano i suoi sassi fino a vederli acquisire una forma definitiva”.

Moneta del sogno si svolge nell’arco temporale di una sola giornata, un martedì di una “tarda primavera romana” del 1933, dalle prime ore del pomeriggio fino alle due o alle tre del mattino. I nove episodi corrispondenti ad altrettanti capitoli senza titolo né numero, forse a evidenziare il flusso sinuoso della narrazione, sono strutturati secondo i principi della messinscena teatrale, ma più ancora cinematografica, con sequenze composte da flashback e da due piani che s’intersecano tra loro: uno ritrae in chiave veristica la vita della gente semplice o dichiaratamente sovversiva, l’altro quella di personaggi assimilati al mito greco. Il filo rosso di queste tranches de vie è uno scambio materiale: una moneta d’argento da dieci lire che passa di mano in mano segnando la fine di una storia e l’inizio di un’altra, sebbene spesso le vicende s’intreccino. Se il racconto procede su livelli sfalsati, la centralità di questo gesto, la sua valenza simbolica, è ben chiara fin dalle prime pagine:

L’amore non si compra [...], ma si compra un sogno, merce impalpabile che si spaccia sotto molte forme.

Forme che possono valere il prezzo di una vita. O azioni molto più banali come i gesti dell’amore, un cero davanti alla statua della Vergine, la bellezza artificiosa del trucco o una bottiglia di vino.

Nel 1933 molti valori erano seriamente compromessi, e questo romanzo mostra l’inquietudine della scrittrice rispetto a un’epoca che esalta l’apparire a scapito dell’essere e nella quale l’individuo è reattivo solo nel comporsi una maschera di circostanza; un’epoca in cui persino il Tempo è un Giano bifronte e l’essenza di una persona è inafferrabile: perché le relazioni umane, anche le più strette, sono solo intimità passeggere. Più che al regime fascista in sé, Yourcenar guarda con apprensione al patrimonio umano che il regime tramanda. Nessun personaggio è un modello da seguire, nessuno fra loro è esente da vizi, difetti, colpe. Come ha osservato Laura Brignoli, la critica del fascismo non è più evidente di quella del socialismo e del marxismo, dei riti religiosi e dell’ipocrisia delle convenzioni:

Non si trova mai la condanna di un punto di vista in favore del suo opposto.

Yourcenar fotografa la realtà.

Ma uno scrittore può contribuire alla lotta politica dicendo semplicemente quello che ha visto.

Marguerite Yourcenar