Il mémoir e il thriller, il fantastico e la poesia, la commedia, il racconto, il romanzo-romanzo. Chi quest’estate vuole farsi inseguire da voci di donne – voci che parlano sulla carta, e dunque parlano meglio, più a lungo, e restano con noi – non ha che da scegliere.
Donne che scrivono per ricordare e ricucire strappi e dolori, o per divertire – volgere altrove, distrarre, deviare, attraverso l’espediente del genere letterario – o per raccontare con la ferocia del disincanto il nostro mondo, l’amore preso e perso, il passare del tempo.
Donne che raccontano donne, ma anche uomini: Aaron Falk, l’investigatore malinconico di Jane Harper; Merrick Tremayne, il romantico contrabbandiere di Natasha Pulley; Mahony, il vagabondo amoroso di Jess Kidd. Donne che raccontano semi e soffioni, come fa Silvia Salvagnini con le sue parole di pietra leggera, o creature d’acqua, come fa Valentina Fortichiari.
Donne di storie.
“Vorrei passare la vita a raccogliere storie.”
Maryam Madjidi, Io non sono un albero