Giunti Editore

— Parola all'autore

Lei non sa chi sono io! Con Giovanni Maria Bellu

Lei non sa chi sono io! Con Giovanni Maria Bellu

Lei non sa chi sono io! è un questionario semiserio per conoscere meglio i nostri autori. In questa puntata chiacchieriamo con Giovanni Maria Bellu, autore per noi del romanzo I bambini della luna.

Ti piace questo articolo? Iscriviti alla newsletter, non perderti il prossimo!


Chi ti ha insegnato a leggere e scrivere?

La maestra Sara Desogus del Collegio della Missione di Cagliari. Ma è stata mia madre a spiegarmi che quei segni non erano le “cose” ma solo modi convenzionali per rappresentarle.

Volevi fare lo scrittore già da piccolo?

Diciamo che volevo scrivere. Mi è da subito sembrato straordinario che con mezzi così semplici, un quaderno e una matita, poi una penna, si potessero creare cose che venivano prese in considerazione dagli adulti.

Qual è il primo libro che ricordi di aver amato da bambino?

Il giornalino di Gian Burrasca di Vamba. Non solo perché era divertente. Era un modello alla mia portata. Giannino Stoppani raccontava la sua vita di tutti i giorni. Al foglio e alla penna, dunque, bastava aggiungere un luogo. Tutto sommato la vedo ancora così.  


Dove scrivi, come scrivi (a mano o su un computer) e in quali momenti della giornata?

Poco fa ho detto che più che “fare lo scrittore”, volevo scrivere. Così è successo che appena ho realizzato che esisteva un mestiere dove ti pagavano per scrivere ho pensato di fare il giornalista. Ho impiegato un bel po’ di tempo prima di capire che nel giornalismo lo scrivere bene è solo un aspetto della professione, nemmeno il più importante. E che anzi, a volte, può nuocere al buon giornalismo così come il punto di vista giornalistico può imprigionare la scrittura narrativa. Per questo scrivo a mano e quando tutti dormono. Il 90 per cento della mia produzione narrativa è stata realizzata tra le 5 e le 8 del mattino. In definitiva per scrivere devo allontanarmi anche fisicamente degli strumenti di lavoro e dagli orari della professione. Per chi fa altri lavori, come il medico, l'imprenditore o l'impiegato, è più semplice. Se scrivi per mestiere è più complesso.

Perché dici che addirittura lo scriver bene può nuocere al buon giornalismo?

Intanto perché ti può consentire di mascherare la povertà di informazioni. Di solito I giornalisti pigri scrivono abbastanza bene. La verità è che si tratta di due mestieri totalmente diversi: il giornalista deve occuparsi di ciò che importa ai lettori, lo scrittore di ciò che importa a lui. Credo che I bambini della luna chiarisca abbastanza bene il problema.

Qual è la libreria che frequenti più spesso?

Quella più vicina a casa. A Roma, Minimum fax in piazza Santa Maria in Trastevere, a Cagliari la Mondadori di via Paoli.

In viaggio porti con te libri di carta o eReader?

 Vorrei tanto abituarmi all’eReader, ma continuo a viaggiare con chili di carta.

Dove preferisci leggere?

Seduto alla scrivania con un quaderno per gli appunti a portata di mano. O al tavolo di un bar con la stessa attrezzatura.

In che ordine tieni i libri sui tuoi scaffali?

Narrativa italiana, narrativa straniera, saggistica contemporanea, saggistica storica, in ordine alfabetico per autore. I libri “sardi”, che sono tantissimi, stanno tutti assieme, divisi per genere. Poi ho due "fondi": il fondo di zio Ottavio, Ottavio Businco, medico socialista, dove ho scoperto libri fondamentali come Una spia del regime di Ernesto Rossi e le conferenze americane di Gaetano Salvemini. E il "fondo di Vico", Vico Garbesi, il nonno di uno dei miei figli, partigiano comunista, che custodisce le prime edizioni di Uomini e no e Conversazione in Sicilia di Vittorini. Quando scrivo, cioè ormai sempre, c'è anche lo scaffale dei “libri del libro” che è come un blocco d'appunti in forma di libreria.

Qual è l'ultimo libro che hai letto?

Le mie letture recenti sono legate al nuovo lavoro in cui sono impegnato.  Ho appena finito di leggere I volenterosi carnefici di Hitler di Daniel Jonah Goldhagen e I delitti della salina di Francesco Abate. Sono entrambi nello scaffale dei libri del libro. Assieme a Psicologia della testimonianza di Cesare Musatti, che a dire il vero c'è sempre stato.

Curiosi abbinamenti. Ci dici cosa stai scrivendo?

No. Sono nel momento in cui ogni parola che esce dalla bocca rischia di non uscire più dalla penna.

Casa editrice o autore straniero molto amato?

Se devo fare un solo nome dico Javier Cercas.

Un titolo che ti rappresenta o che vorresti aver scoperto tu.

L’orologio di Carlo Levi.

C’è un libro che ti ha salvato in un momento difficile, o che ha cambiato il tuo percorso di vita?

Sicuramente Lessico famigliare di Natalia Ginzburg. Ha funzionato, da adolescente, come aveva funzionato Gian Burrasca da bambino. Diciamo che ha allargato la casa di Giannino Stoppani alla Storia.

Un libro che hai regalato a una persona amata?

Due: Quelli dalle labbra bianche di Francesco Masala e Diario di una maestrina di Maria Giacobbe.

Qual è il personaggio letterario che hai amato maggiormente?

Dean Moriarty di Sulla strada. In fondo, ma alla fine dell’adolescenza, ha preso il testimone del solito Giannino Stoppani.

E quale il luogo della letteratura – anche fantastico – che vorresti visitare?

La Spagna di Lazarillo de Tormes. Ho dimenticato di dire che nella libreria c'è anche una “sezione Lazarillo”. Ne ho una cinquantina di diverse edizioni, in varie lingue, sardo compreso.

Quale libro secondo te si dovrebbe far leggere a scuola?

Marcia su Roma e dintorni di Emilio Lussu.

Quale consiglio daresti a uno scrittore esordiente?

 Svegliarsi presto.

Facebook, Twitter, Instagram, o sei per il silenzio-social?

Utilizzo un po’ goffamente Facebook. Mi auguro che i social col tempo diventino ordinari strumenti di comunicazione e che tutti arrivino a usarli in modo equilibrato, come se i loro interlocutori non fossero distanti.

Ci confidi un tuo sogno?

No.

 


Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla newsletter, non perderti il prossimo!

Giovanni Maria Bellu