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— Parola al traduttore

Dire quasi la stessa cosa. Intervista a Francesco Panzeri

Dire quasi la stessa cosa. Intervista a Francesco Panzeri

"Dire quasi la stessa cosa" è una serie di interviste ai nostri traduttori, per conoscere meglio questa splendida professione. Abbiamo parlato con Francesco Panzeri, che ha tradotto per noi dal nederlandese La mia rivoluzione di Johan Cruyff e L'alto nido di Roxane Van Iperen.

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Quando ha deciso che voleva diventare un traduttore?

Tutto è partito con la scoperta e lo studio del nederlandese, oltre che della cultura di Fiandre e Paesi Bassi. Una volta arrivato alla fine della triennale in mediazione linguistica, mi ero ormai affezionato così tanto a quel mondo che la scelta di proseguire con la specialistica in traduzione, anche considerata la passione per la scrittura, è stata quasi ovvia.

Qual è stato il primo libro che ha tradotto?

La mia rivoluzione, biografia del calciatore – o forse è meglio dire artista? – olandese Johan Cruyff. Da amante del calcio e della sua storia, non poteva capitarmi esordio più piacevole.

E il prossimo che vorrebbe tradurre?

Dopo due opere di non-fiction, mi piacerebbe cimentarmi con un testo di narrativa pura. Nei prossimi mesi voglio concentrarmi sulla lettura di autori emergenti olandesi e fiamminghi, prima o poi spero di individuare una voce particolarmente interessante per i lettori italiani.

Qual è secondo lei lo strumento più prezioso per un traduttore?

Molte risorse sono preziosissime, ma il primo posto va a una categoria spesso trascurata, quella degli amici e dei conoscenti la cui competenza in un settore specifico talvolta si rivela fondamentale per uscire da una impasse traduttiva. Avete un amico veterinario buiatra? Bene, tenetevelo stretto.

Essere traduttore ha influito su di lei come lettore? In che modo?

Certo, perché spesso e volentieri la lettura si trasforma in analisi del testo. Ogni passaggio particolarmente riuscito o intricato di un libro in lingua originale porta alla domanda: “E questo, come lo potrei tradurre?” Viceversa, se sto leggendo una traduzione e incontro una parola o una frase che salta agli occhi, provo a indovinare la resa nel testo straniero e la strategia scelta dal traduttore.

Che tipo di legame crea con gli autori che traduce?

Finora non ho avuto grandi occasioni di confronto con gli autori. Mi ha fatto però piacere quando Roxane Van Iperen, l’autrice di L’alto nido, mi ha rintracciato su Instagram per ringraziarmi per il lavoro svolto e farmi alcune domande sulla traduzione.

E con gli editori per cui traduce?

Nella mia posizione di traduttore emergente, posso solo essere grato a chi decide di darmi l’occasione di mettermi alla prova. Per i testi a cui ho lavorato finora c’è sempre stata una collaborazione serena e proficua.

Qual è il ricordo più bello della sua carriera?

Quando uscì La mia rivoluzione il quotidiano Repubblica dedicò due intere pagine al libro. Vedere alcuni brani della traduzione citati da Gianni Mura, uno dei mostri sacri del giornalismo sportivo italiano, mi fece un certo effetto, devo ammetterlo.

Quale libro vorrebbe aver tradotto?

Un libro che avrei tradotto volentieri dopo averlo letto è Het smelt di Lize Spit. Molto crudo, molto intenso. Anche se, a essere sincero, forse sarebbe stata una sfida al di là delle mie possibilità.

Pensa che il ruolo del traduttore viva la giusta considerazione nel mondo editoriale di oggi?

No, non credo, soprattutto se penso ai miei coetanei: non me ne viene in mente uno che campi di pura traduzione letteraria. Occorre sempre abbinare un’altra fonte di reddito, il tempo a disposizione diminuisce e la qualità del lavoro ne risente. Il che è un peccato, per noi ma anche per le opere che traduciamo.

Che consigli darebbe a un giovane traduttore?

Il passaggio dall’università al “mondo reale” è spesso frustrante, sembra di sbattere solo contro porte chiuse. Ma se non insistiamo, l’editoria continuerà a ignorarci. Un aiuto prezioso arriva dagli enti stranieri per la promozione della letteratura locale all’estero: corsi estivi, workshop, progetti europei e traduzioni a più mani sono tutti ottimi strumenti per fare esperienza, migliorarsi e – soprattutto – allargare la propria rete di contatti nel settore.