Giunti Editore

— Parola all'autore

Com'è nato "Un pinguino a Trieste"? Lo racconta Chiara Carminati

Com'è nato "Un pinguino a Trieste"? Lo racconta Chiara Carminati

Abbiamo chiesto a Chiara Carminati di raccontarci da cosa è nato il suo nuovo romanzo, Un pinguino a Trieste.

 

Era una sera di dicembre quando ho incontrato il Pinguino Marco per la terza volta.

La prima me ne aveva parlato un amico. C'era un pinguino ospitato all'Acquario di Trieste, diceva, un pinguino che passeggiava libero per le rive e giocava con i passanti: sembrava una storia inventata per divertire i bambini.

La seconda volta ero andata per curiosità a una mostra del fotografo Mario Magajna. Tante immagini di Trieste appese alle pareti, scatti dedicati allo sport, alla gente comune, alla vita quotidiana della città. E lì in mezzo, la foto di un pinguino che salta oltre il bastoncino di legno teso da un bambino. Non poteva che essere lui, il Pinguino Marco. Allora era esistito davvero, non era una leggenda!

E poi la terza volta, una sera di dicembre, durante una festa al Caffè San Marco, uno dei locali storici più belli di Trieste: mi sono allontanata dalla musica e dai brindisi per dare un'occhiata ai libri esposti sugli scaffali. Ed eccolo di nuovo lì, in foto, sulla copertina di Marco il pinguino di Trieste a firma di Roberto Covaz: un piccolo libro, irresistibile, che racconta la storia di come il Pinguino Marco arrivò a Trieste nel 1953, a bordo della motonave Europa.

A quel punto era troppo per rimanere sorda. Quella storia mi chiamava. Sono uscita dal caffè portando in tasca il libro e in testa un'idea: tessere un'altra storia intorno a quella del Pinguino Marco, allungando i fili e allargando lo sguardo a ciò che accadeva a Trieste in quel periodo.

Mi sono immersa nello studio delle vicende di quegli anni, così particolari per la città, crocevia di storie individuali intense e complesse. Il nuovo confine con la Jugoslavia, il Territorio Libero di Trieste, l'esodo di migliaia di persone da Istria, Fiume e Dalmazia, gli americani in città, i viaggi di esuli e emigranti in Sudafrica, e poi ancora la sorte dei prigionieri italiani alla fine della guerra, le manifestazioni per l'italianità di Trieste, le struggenti testimonianze di coloro che erano fuggiti... le storie si aprivano a ventaglio davanti a me, in un dedalo di possibilità e di tentazioni narrative in cui più di una volta ho rischiato di perdere la bussola. Ma ho avuto anch'io la mia “calamita”, come dice Nicolò, il giovane protagonista del romanzo: ed è stato proprio il pinguino. Quello di legno, che accompagna Nicolò nel suo viaggio avventuroso, e quello vivo e reale, che nella storia diventa il confidente dei suoi pensieri e una sorta di suo alter ego.

Spero che anche i lettori avranno voglia di seguire a loro volta i fili rimasti in sospeso e di allargare ulteriormente la mappa della navigazione.
Buon viaggio!

Chiara Carminati