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— Parola all'autore

Lei non sa chi sono io! Con Paola Capriolo

Lei non sa chi sono io! Con Paola Capriolo

Lei non sa chi sono io! è un questionario semiserio per conoscere meglio i nostri autori. In questa puntata chiacchieriamo con Paola Capriolo: nata a Milano nel 1962, ha esordito come narratrice nel 1988 e non si è più fermata. Per Bompiani ha scritto numerosi libri, l'ultimo dei quali è Marie e il signor Mahler.


Chi ti ha insegnato a leggere e scrivere?

A leggere mia madre, quando avevo quattro o cinque anni, su un libro di fiabe del quale non ricordo il titolo e che comunque conoscevo a memoria, il che mi offriva ampie possibilità di barare; a scrivere una maestra armata di infinita pazienza, che ha dovuto combattere per mesi con la mia grafia assolutamente disordinata.

Volevi fare lo scrittore già da piccolo?

Fin da piccola ho scritto, superata appunto la fase delle aste e dei puntini. Scrivevo commedie, drammi, poesie, diari di viaggio; più tardi, negli anni di studio, mettevo su carta i miei pensieri immaginando vagamente un avvenire di saggista… Insomma, avevo pensato a tutto fuorché alla narrativa. Quella è venuta da sé, all’improvviso: un delitto preterintenzionale.

Qual è il primo libro che ricordi di aver amato da bambino, e l’ultimo libro che hai letto? 


Il primo libro che ricordo, e che devo aver letto una cinquantina di volte, è la raccolta delle Fiabe italiane di Italo Calvino. L’ultimo i racconti di Hemingway, che non riaprivo dagli anni di università.

Dove scrivi, come scrivi (a mano o su un computer) e in quali momenti della giornata?

Ormai da tempo scrivo direttamente al computer, senza orari prestabiliti; sulla carta prendo appunti, a volte anche nel cuore della notte se mi viene in mente la continuazione di una frase o l’aggettivo giusto che avevo cercato inutilmente alla scrivania.

Qual è la libreria che frequenti più spesso?

La Feltrinelli in piazza del Duomo, a Milano.

In viaggio porti con te libri di carta o eReader?

Di carta, assolutamente. Ricorro al libro elettronico solo in caso di necessità, quando il cosiddetto “cartaceo” non è più disponibile.

Dove preferisci leggere?

A letto. Non riesco assolutamente a leggere altrove.

In che ordine tieni i libri sui tuoi scaffali?

Quelli di narrativa per lingua e, all’interno di ogni lingua, per autori ordinati più o meno in ordine cronologico. Questa sarebbe, diciamo, l’idea platonica della mia biblioteca; la realtà empirica è molto diversa, sui miei scaffali il disordine regna sovrano.

Casa editrice o autore straniero molto amato?

Ne amo parecchi. Se posso menzionarne almeno due, ex aequo, direi Kafka e Thomas Mann.

Un titolo che ti rappresenta o che vorresti aver scoperto tu.

Tenera è la notte: del resto non l’ha “trovato” nemmeno Fitzgerald, è un bellissimo verso di Keats...

C’è un libro che ti ha salvato in un momento difficile, o che ha cambiato il tuo percorso di vita?

I dialoghi di Platone. Non è che mi abbiano “salvata”, ma intorno ai diciott’anni mi hanno dischiuso la dimensione della filosofia che per me è rimasta sempre fondamentale e di cui si nutre anche la mia scrittura.

Un libro che hai regalato a una persona amata?

Lo Zohar, un testo fondamentale della mistica ebraica. Lo regalai a mio marito poco prima che ci sposassimo.

Qual è il personaggio letterario che hai amato maggiormente?

Da ragazzina mi ero quasi innamorata di Ulrich, il protagonista dell’Uomo senza qualità. Ma il più simpatico è forse Serenus Zeitblom, il personaggio-narratore del Doctor Faustus.

E quale il luogo della letteratura – anche fantastico – che vorresti visitare?

Il Paese delle meraviglie. O pensando a una letteratura minore, Shangri-la.

Quale libro secondo te si dovrebbe far leggere a scuola?

Quello che già si legge: I promessi sposi. È un punto di riferimento essenziale per la nostra lingua letteraria, e forse l’unico romanzo dell’Ottocento italiano che possa reggere pienamente il confronto con i grandi classici europei. Ma a scuola, oltre a “far leggere” un libro, si dovrebbe insegnare la libertà e il piacere della lettura, incoraggiare la scoperta personale.

Quale consiglio daresti a uno scrittore esordiente?

Di pensare più al “come” che al “che cosa”, o meglio, di pensare i due aspetti insieme. La scrittura narrativa è arte, forma, non semplice comunicazione o sfogo sentimentale.

Facebook, Twitter, Instagram, o sei per il silenzio-social?

Ho aperto tempo fa una pagina su Facebook che visito in media una volta ogni due mesi; lo stesso con Linkedin. Non sono pregiudizialmente “contro”, ma evidentemente non mi applico troppo

Un aggettivo per il tuo carattere e un carattere di stampa che ti piace.

“Contraddittorio”: così mi sembra di andare sul sicuro. Quanto al carattere di stampa… può sembrare strano, ma io sono quasi del tutto indifferente all’apetto visivo o materiale della scrittura. Interrogato in proposito, il mio computer risponde che sto usando Times New Roman.

Copertina rigida o brossura?

Idem come sopra.

Un tuo sogno?

È strano che proprio questa mi sembri la domanda più difficile… Forse perché per uno scrittore il sogno (nella sua duplice accezione: onirica e di desiderio) in qualche modo trova sempre la strada per incarnarsi nella pagina. L’immaginario per lui non è evasione, ma materia, realtà. Ho molti piccoli sogni; e sogni grandissimi, che però hanno poco di personale. Un mondo meno cattivo che vorrei vedere dalla mia finestra, quando guardo fuori.


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Paola Capriolo

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