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— Parola all'autore

Lei non sa chi sono io! Con Irene Soave

Lei non sa chi sono io! Con Irene Soave

Lei non sa chi sono io! è un questionario semiserio per conoscere meglio i nostri autori. In questa puntata chiacchieriamo con Irene Soave: è giornalista al Corriere della Sera, dove si occupa di esteri, attualità e cultura. Colleziona libri di galateo e riviste femminili, a cui ha dedicato, nel lontano 2005, anche una tesi di laurea. Per Bompiani ha scritto, guardacaso, Galateo per ragazze da marito.


Chi ti ha insegnato a leggere e scrivere?

La mia bisnonna, di cui curiosamente non ricordo il nome, sulle pagine di un Almanacco di Frate Indovino. Avevo tre anni. In compenso ancora non camminavo.

Volevi fare lo scrittore già da piccolo?

No! Volevo fare la pittrice. Scrivere mi annoiava e progettavo una sorta di dittafono per immagini, in cui uno poteva inventarsi una storia e quella appariva da sola, come un film, senza scrivere niente.

Qual è il primo libro che ricordi di aver amato da bambino, e l’ultimo libro che hai letto? 


Sembra una risposta finta, dato il tema del libro che poi ho scritto, ma era L’enciclopedia della fanciulla, una serie di Fabbri che trovavo a casa di mia nonna, che l’aveva comprata per mia mamma nel 1963. Parlava di bambine compitissime e abili nelle cose pratiche e perciò molto amabili, e aveva disegni stupendi. L’ultimo libro che ho letto è invece un saggio molto bello, Perché l’amore fa soffrire, della sociologa Eva Illiouz (Il Mulino). Analizza diffusamente un tema che mi interessa tanto, e cioè: quanta parte di noi è composta dall’epoca? Quanto di ciò che sentiamo, viviamo, subiamo, quanta della nostra tristezza e della nostra gioia, quanto del nostro modo di amare è un dato personale, e quanto è epocale?

Dove scrivi, come scrivi (a mano o su un computer) e in quali momenti della giornata?

Scrivo su un computer che ho comprato apposta e che tengo disconnesso da internet. Durante il giorno quando mi viene in mente qualcosa lo appunto sulle note del cellulare, che poi rileggo dopo mesi e trovo interessanti. Scrivo anche per lavoro, però, perché faccio la giornalista. Quindi si può dire che scrivo continuamente!

Qual è la libreria che frequenti più spesso?

Il Libraccio di viale Vittorio Veneto a Milano, perché è ben fornita sui libri nuovi ed è piena di perle d’epoca. La nuova Giunti di via Vitruvio perché ci passo sempre e mi fermo. Nella mia città, Savigliano, la libreria Messaggi. Ma quella che mi è più cara è la libreria Bussola di Torino, dove ho un ricordo amoroso bellissimo.

In viaggio porti con te libri di carta o eReader?

Carta e mi spezzo la schiena perché sono anche un’indecisa. Non leggo una pagina della maggioranza dei libri che mi porto, che sono sempre tanti. Ma mi spiace lasciarli a casa.

Dove preferisci leggere?

A letto fra i cuscini, o in un prato se c’è il sole. La cosa che più mi piace è leggere in compagnia, un tripudio di intimità.

In che ordine tieni i libri sui tuoi scaffali?

In un complicato ordine tematico-alfabetico che presto soppianterà il codice Dewey nelle biblioteche di tutto il mondo.

Casa editrice o autore straniero molto amato?

Penguin, perché ai suoi libri dà copertine stupende (questo non so se posso metterlo senza suonare tanto aziendalista: ma trovo sinceramente che Bompiani le faccia ancora più belle!). La tedesca Reclam, che pubblica edizioni minimal, nella grafica e nel prezzo, ma curatissime, di classici della letteratura mondiale: copertine gialle per i classici da canone, rosse per le edizioni in lingua originale, arancio per i classici della filosofia…

Un titolo che ti rappresenta o che vorresti aver scoperto tu.

Non saprei. Direi il libro che ho scritto io: vorrei averci creduto per prima e più fortemente di tutti, e invece devo la fiducia e la spinta e l’allegria di provarci a una persona cara, che lo ha visto prima di me.

C’è un libro che ti ha salvato in un momento difficile, o che ha cambiato il tuo percorso di vita?

Uno?

Un libro che hai regalato a una persona amata?

Tanti. Ma direi le Elegie duinesi di Rainer Maria Rilke. Alla fine della prima elegia ci sono parole definitive, illuminanti, medicamentose circa il lutto. Almeno, io le ho trovate tali. Ho regalato questo libro a più di un amore e a molte persone care quando avevano perduto qualcuno.

Qual è il personaggio letterario che hai amato maggiormente?

Eh, come faccio a dirne uno. Forse la cara Ifemelu, protagonista di Americanah (Chimamanda Ngozi Adichie, Einaudi, 2014): cerebrale, passionale, ci racconta un espianto dalla sua Nigeria agli Stati Uniti e un grande amore. Forse Jo March, di Piccole donne, a cui vuoi bene e che a volte trovi insopportabile proprio come se fosse una delle tue, di sorelle. Forse la grande superstite Tony Buddenbrook.

E quale il luogo della letteratura – anche fantastico – che vorresti visitare?

La Buenos Aires in cui visse Jorge Luis Borges, dai ricchi anni venti ai cupi settanta e ottanta, compresi gli anni del peronismo che lui definiva “un obbrobrio”. Lui retrodatava spesso i propri racconti, ambientandoli tra fine Ottocento e gli anni trenta, perché, scrisse, il distacco temporale gli facilitava l’invenzione. Anche alcuni luoghi dei suoi racconti – le campagne uruguayane dove abitava Funes il memorioso, l’immaginario labirinto di Asterione – li immagino così chiaramente che mi pare di averli già visitati; ma certo vorrei poterci andare.

Quale libro secondo te si dovrebbe far leggere a scuola?

La maggiore quantità e varietà possibile di poesia, a ogni età, senza preoccuparsi del linguaggio oscuro o difficile. Da bambino trovi semi dappertutto, e figuriamoci nei versi.

Quale consiglio daresti a uno scrittore esordiente?

Non saprei. Ne accetto, però.

Facebook, Twitter, Instagram, o sei per il silenzio-social?

Tutti e tre, io sono postorroica, un po’ ho la scusa del lavoro, un po’ sono fatta così.

Un aggettivo per il tuo carattere e un carattere di stampa che ti piace.

Come la parola “carattere”, anche la risposta è polisemica. La risposta è: con molte grazie.

Copertina rigida o brossura?

Brossura e formati piccoli.

Un tuo sogno?

Vorrei fare una famiglia allegra e dove ci si vuole bene, e vivere in una bella casa.


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Irene Soave