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— Parola all'autore

Lei non sa chi sono io! Con Giulio D'Antona

Lei non sa chi sono io! Con Giulio D'Antona

Lei non sa chi sono io! è un questionario semiserio per conoscere meglio i nostri autori. In questa puntata chiacchieriamo con Giulio D'Antona: nato a Milano nel 1984, è scrittore, traduttore e produttore. Ha lavorato come corrispondente da New York per diverse testate italiane, ha curato e condotto il podcast Comedians e, assieme a Guia Cortassa, Un’estate fa (StorieLibere.fm). Ha fondato Aguilar, la prima società di produzione italiana che si occupa esclusivamente di stand-up comedy e nel 2019 ha partecipato alla produzione dei primi tre Netflix Comedy Special italiani. Per Bompiani ha scritto Milano. Storia comica di una città tragica.


Chi ti ha insegnato a leggere e scrivere?

Mia madre sostiene che una volta, mentre mi portava in passeggino per Milano —avrò avuto sì e no quattro anni—, mi ha sentito elencare prodotti per la pulizia. Ha alzato lo sguardo e si è accorta che stavo leggendo i cartelloni pubblicitari. Probabilmente c’entra qualcosa mio nonno, che cercava sempre di insegnarmi qualcosa, ma non ne sono sicuro.

Volevi fare lo scrittore già da piccolo?

Ho voluto fare un sacco di cose: il naturalista, il comico, il disegnatore… Ma da che mi ricordi la scrittura ha sempre fatto in qualche modo parte del mio piano. Forse sì.

Qual è il primo libro che ricordi di aver amato da bambino, e l’ultimo libro che hai letto? 


Ricordo precisamente il momento esatto in cui ho completato per la prima volta la lettura di un romanzo. Era un libro di avventure dei pirati. Ero felice e avevo la sensazione di aver appena compiuto qualcosa. L’ultimo libro che ho letto è Ghostland di Colin Dickey: per varie ragioni ultimamente leggo un sacco di saggi sui fantasmi.

Dove scrivi, come scrivi (a mano o su un computer) e in quali momenti della giornata?

Scrivo dove mi capita, quando mi capita, sempre al computer. Il posto dove scrivo meglio è la casa in cui sono cresciuto, sul Lago Maggiore. Più spesso scrivo sul divano di casa o in ufficio, devo avere un intorno dove accumulare i libri che sto consultando e i blocchi di appunti.

Qual è la libreria che frequenti più spesso?

La libreria Verso di corso di Porta Ticinese, a Milano. Ci sono altre due librerie alle quali sono molto affezionato, però, che frequento ogni volta che posso: una è la libreria di Angera, sul lago dove sono cresciuto, l’altra è Unnameable Books, a Brooklyn, vicino a dove ho vissuto.

In viaggio porti con te libri di carta o eReader?

Entrambi.

Dove preferisci leggere?

Letteralmente dovunque posso. Possibilmente sdraiato.

In che ordine tieni i libri sui tuoi scaffali?

Nessun ordine, sono più che altro accumulati.

Casa editrice o autore straniero molto amato?

Ho un debito di riconoscenza particolare nei confronti di Farrar Straus and Giroux. Philip Roth è stato il mio scrittore preferito in fasi importanti della mia vita, ma adoro Fran Lebowitz.

Un titolo che ti rappresenta o che vorresti aver scoperto tu.

Up in the Old Hotel.

C’è un libro che ti ha salvato in un momento difficile, o che ha cambiato il tuo percorso di vita?

Da adolescente, accanto a tutte le letture “ribelli” che facevo (Kerouac, Bukowski, Fante…) e che alimentavano la mia necessità di fuga, ho riletto decine di volte Niente e così sia di Oriana Fallaci. Non so dire perché proprio quel libro (a parte che ero affascinato dal Vietnam) e perché proprio Fallaci, ma in qualche modo mi ha tenuto fermo in un momento in cui avrei potuto muovermi e sbagliare.

Un libro che hai regalato a una persona amata?

Di solito non regalo libri che piacciono a me, perché potrebbero non piacere all’altra persona e questo mi metterebbe in imbarazzo. Quindi è difficile rispondere. Ho regalato libri per conquistare, ma non è mai finita bene.

Qual è il personaggio letterario che hai amato maggiormente?

Barney Panofsky.

E quale il luogo della letteratura – anche fantastico – che vorresti visitare?

Per molti anni è stata New York —quella dei comici, quella degli scrittori, quella di Jo Mitchell— che comunque non mi stanca mai. Forse l’America perduta di Billy Bryson: l’ho cercata, non c’è più.

Quale libro secondo te si dovrebbe far leggere a scuola?

I sette peccati di Hollywood di Oriana Fallaci, insegna quanto si può esagerare con l’invenzione quando si è molto bravi. E anche qualcosa di Stephen King, magari Stagioni diverse.

Quale consiglio daresti a uno scrittore esordiente?

Vedi risposta n. 20.

Facebook, Twitter, Instagram, o sei per il silenzio-social?

Tendenzialmente sono per il silenzio. Instagram?

Un aggettivo per il tuo carattere e un carattere di stampa che ti piace.

Indeciso. Calibri light.

Copertina rigida o brossura?

Copertina rigida.

Un tuo sogno?

C’è una specie di maledizione ebraica che dice: “Possa tu vivere in tempi interessanti.” Mi piacerebbe. Ma forse è così.


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