Giunti Editore

— Parola all'autore

“Come lo feci” di Piero Trellini

“Come lo feci” di Piero Trellini

27 maggio 1865, Ravenna. Due manovali trovano per caso una cassetta di legno. Stanno per gettarla tra le macerie quando qualcuno nota sul coperchio una scritta: Dantis Ossa. La scoperta muove una città intera e una sola ossessione: la testa di Dante. Tutti vogliono sapere perché quel cranio si trovi lì, quale sia la sua storia e soprattutto il peso del suo cervello. Per conoscerne la grandezza in realtà bastava vedere cosa avesse prodotto: la Commedia. Dante l'aveva creata attingendo da ciò che aveva vissuto, rubando saperi, storie e segreti, e lo aveva popolato di figure per lui familiari, quelle che avevano respirato la sua stessa aria, tutti legati. Un mondo così piccolo era diventato una storia universale. Come Dante ci sia riuscito rimane un mistero. Per provare a svelarlo e a sfiorare un brandello di verità resta forse una sola possibilità: evitare di guardare lui per guardare ciò che guardò lui. Prendere quindi gli uomini che attraversarono la sua iride per distribuirli in una storia. E tentare così di vivere, con i suoi occhi, le vite degli altri. Questo si prefigge di fare Danteide.

Abbiamo chiesto all'autore, Piero Trellini, di raccontarci cos'è e come nasce il suo libro.

Premessa

La prima cosa che ho fatto è stata cercare di capire come potesse funzionare il suo processo di defecazione. Naturalmente non esistevano fonti dirette. E difficilmente si lascia traccia di questo genere di informazioni. D’altronde non era poi così fondamentale capirne la modalità. Semplicemente era per me un modo per riportare Dante sulla terra. Vivo, ambulante, osservatore, mangiatore, quindi anche artefice del proprio intestino. Dunque uomo (nel suo mondo). Non personaggio (nella sua opera).

Di Dante, però, si conosce poco e si è scritto troppo. Possediamo solo un pugno di documenti e tante chiacchiere, postume, ad alto rischio di affidabilità. L’esistenza del nostro più grande poeta è una delle più costruite, analizzate e inquinate di tutto il Medioevo. Ed è fatta, dunque, per lo più di supposizioni.

Ma Dante per noi è la sua opera, anzi è soprattutto la Commedia. E questa raccoglie tutto ciò che degli altri il sommo ha letto, visto o ascoltato. Dante dunque è impregnato di vite altrui. Presenze che avendo attraversato lo spazio della sua vita, hanno fatto parte della storia (trovando fondamento nelle cronache) prima di confluire nei suoi versi (realizzando così quel destino già scritto in un nome: Durante).

Questa, dunque, la premessa: ribaltare il punto di vista, anziché puntare gli occhi su di lui provare a osservare il mondo con i suoi occhi.

Approccio

Quel che mi premeva era cercare di vedere-Dante-vedere, cogliendolo non solo come un uomo del suo tempo, ma come un uomo nel suo tempo. Sprofondato in una quotidianità ordinaria. Non un giudice indiscutibile, quindi, ma un testimone investigabile. Perché Dante non fa la storia, ma vede la storia farsi. Come un personaggio hitchcockiano è un uomo qualunque in un contesto straordinario: immerso dentro una realtà nella quale si trova in un modo o nell’altro a incrociare, come un Forrest Gump, le vite degli altri: il filo della sua esistenza con quello dell’arcivescovo Ruggieri, di Bonifacio VIII, delle famiglie di Paolo, Francesca, Ugolino e di molti altri. Ma se pure nella finzione ha avuto l’ultima parola su tutti loro, nella realtà Dante non è stato affatto l’arbitro di quei destini. Si è mescolato a essi nella buona e nella cattiva sorte. E se anche nella Commedia ha rilasciato una serie di informazioni sulla sua persona e collezionato un numero impressionante di giudizi sul suo tempo, al di là dell’indiscutibile bellezza da essa prodotta la sua opera non può essere utilizzata in modo assoluto come fonte storica. Perché esiste una differenza tra la storia (sua e del suo mondo) come è avvenuta e la storia (sua e del suo mondo) come Dante ha voluto che fosse (tra come, insomma, è andata la storia e come Dante l’ha costruita). Non si può, in definitiva, capire Dante se si parla solo di Dante, ricostruire la sua vita se si usa lui come fonte, capire il suo mondo se gli si lascia l’ultima parola.

Le fonti

Per cercare di cogliere aspetti meno esplorati ho provato quindi ad accantonare la sua vita ed esplorare il mondo in cui, per poco più di mezzo secolo, quella vita ha abitato. Non mi sono dunque servito di Dante per capire il suo tempo, ma mi sono servito della storia, anzi delle storie, per capire lui (approccio che, beninteso, non sono il primo e non sarò l’ultimo ad assumere). Per riuscirci era indispensabile intersecare fonti disciplinari eterogenee e simultanee. Se esiste un modo per vedere Dante sotto una luce nuova e al tempo stesso veritiera (o aspirante tale), credo sia possibile solo sovrapponendo tecniche e competenze. Perché è in un vortice di saperi che si è mossa l’aria respirata da Dante.

La composizione dei singoli capitoli è nata così dall’incrocio di fonti cronachistiche, filosofiche, geografiche, filologiche, giuridiche, semiologiche, linguistiche, cosmologiche, iconografiche, topografiche, metriche, politiche e scientifiche, combinando quindi saggi, analisi e studi di storiografia, demografia, biologia, climatologia, retorica, genealogia, iconografia, sviluppi urbani, oltre che di storia economica e agraria.

Insieme a Zingarelli, Auerbach, Borges, Palacios, Bloch, Petrocchi, Le Goff e tutti gli altri pur di riuscire a rendere più familiari fatti così lontani ho messo in mezzo, in maniera diretta o velata, Wim Wenders, George Lucas, Rino Gaetano, Alfred Hitchcock, Bob Dylan, Steven Spielberg, Frankenstein, il Graal, il Rat Pack, Édouard Manet, Lewis Carrol e molti altri, mescolando alto con basso (o truccando il primo da secondo).

L’intersezione dei saperi ha generato un centinaio di mappe. Come questa:

Attraverso le mappe ho provato a cercare connessioni tra i vari ambiti per avere un quadro indicativo di cosa potesse, direttamente o indirettamente, attraversare la testa di un uomo come Dante nei differenti livelli di spazio e tempo entro i quali si era mosso durante i suoi cinquantasei anni.

Il lavoro preparatorio

Una scelta simile mi ha permesso di fare esplodere una moltitudine di vicende. Queste raccolgono esclusivamente persone, circostanze e avvenimenti dei quali Dante stesso si è servito per “riempire” la sua Commedia. I fatti raccontati sono pertanto inclusi in un segmento di storia che inizia prima della sua nascita e termina alla vigilia della stesura dell’Inferno (le esistenze contenute in questi episodi da un certo momento in poi si intersecano con quella di Dante).

Semplificando ho cercato di:

1) estrapolare i contemporanei di Dante dalla Commedia;

2) riversarli in un altro contesto, quello nel quale avevano vissuto;

3) passare da una logica morale (quella che governa la sorte dei personaggi nell’aldilà della Commedia) a una logica storica (quella che regola la loro vita nella realtà);

4) trovare le connessioni con la quotidianità di Dante;

5) scoprire cosa lui di questi uomini avesse letto, visto o sentito;

6) raccontare dunque “le vite degli altri” dagli occhi (e dalle orecchie) di Dante;

7) entrare così nella sua testa per provare a capire come fosse arrivato a utilizzare ciò che il suo cervello aveva assorbito.

Dalla combinazione di dati e materiali, perlopiù storiografici e accademici (influssi degli astri, condizioni del tempo, evoluzione dei terreni, passaggi di denaro, etc.), sforzandomi di avere come riferimento costante fonti coeve o confinanti con l’arco di vita dantesco, ho ipotizzato un’organizzazione in percorsi, modellata su una grammatica narrativa aerea, in grado quindi di rendere conto delle condizioni esterne, della simultaneità delle esistenze e delle ramificazioni delle azioni di queste. L’osservazione dall’alto mi ha permesso di seguire i destini degli uomini che fecero il mondo (lo spazio) e l’era (il tempo) di Dante, scoprendo che, ineluttabilmente, andavano tutti a intrecciarsi. Perché quel mondo che lui ha raccontato era incredibilmente piccolo. E ciò che fa della sua opera un capolavoro è il fatto che quella piccolezza lui sia riuscito a renderla universale.

La struttura

Il libro è diviso in capitoli (preceduti da un “prepilogo”, un prologo che racconta di fatti postumi legati al ritrovamento delle ossa dantesche), ciascuno dei quali abbraccia una singola porzione di tempo. Questa è organizzata seguendo, di volta in volta, un denominatore comune esplicato attraverso un dualismo, un conflitto, una contrapposizione (dentro-fuori, corpo-anima, cielo-terra, impero-papato, guelfi-ghibellini, etc.) e cadenzato da un elemento ricorrente (un testamento, un obolo, una porta, etc.).

Quest’ultimo, per quanto talvolta velato, è sempre presente. Nel capitolo “La conquista dello spazio”, ad esempio, lo “spazio” di cui si parla è quello geografico, quello occupato dagli uomini, quello difeso dai feudi, quello allargato delle terre, quello conquistato nelle guerre, quello occupato dalle macerie, quello vitale, all’aria aperta, nel quale vivono la loro quotidianità i fiorentini. Ma è anche quello che si apre davanti a Dante bambino quando, facendosi “spazio” tra la folla, vede davanti ai suoi occhi i massimi rappresentati del suo tempo.

Ognuno di questi percorsi è un “libro compresso” e racconta una vicenda (che però ne contiene molte). All’interno di ciascun frammento temporale si muovono più storie parallele, destinate nel finale di capitolo a incrociarsi nella morale o nei fatti: il groviglio si sbroglia e i protagonisti si ritrovano legati tra loro (dal destino, dal sangue o da altri punti di contatto). Gli argomenti, gli eventi e i personaggi descritti in ciascun capitolo conducono tutti alla Commedia (per questo c’è un paragrafo ad essa dedicato alla fine di ogni percorso).

Più nel dettaglio ciascun capitolo prevede:

1) Un arco temporale

2) Un dualismo

3) Un elemento ricorrente

4) Una scheda riepilogativa (chi, quando, dove, etc.)

5) Una mappa delle connessioni

6) Molte storie intrecciate

7) Schemi, cartine o alberi genealogici

8) Un testo finale legato alla Commedia per ritrovare i protagonisti delle storie.

Conclusione

Il risultato – organizzato, così recita la finestra di riepilogo sul mio computer, in 248 cartelle ospitanti 4953 file di lavorazione e un centinaio di mappe che si sono tradotti in quasi seicento pagine contenenti testi, grafici, tabelle, numeri e versi – è stato comunque possibile solo grazie alle competenze di chi prima di me ha affrontato, in maniera continuativa e con metodi assai più rigorosi, questioni decisamente più profonde nei più disparati campi. Se ho potuto avere dunque dei punti di partenza è stato solo grazie ai loro punti di arrivo. Senza questi, per rispondere dunque al quesito del titolo, non lo avrei potuto fare.

Piero Trellini