Il Sempione strizza l'occhio al Frejus
“Nella nostra famiglia siamo una casa piena di gente, e l’unica
persona, tra tutti, che lavori e guadagni qualcosa è mio fratello
Euclide.” Secondo dopoguerra, periferia di Milano, in una casa
“col bosco di Lambrate di fronte alla cucina” un figlio racconta
i propri familiari: una madre dura che serve in tavola quasi solo
la cicoria selvatica che riesce a raccogliere, un marito volenteroso
e remissivo, i numerosi fratelli affamati e soprattutto l’ingombrante
e muta presenza del nonno, uomo vecchissimo dall’appetito
formidabile e dal passato mitico. È lui infatti che ha contribuito
a edificare il mondo di oggi lavorando come muratore alla
costruzione di alcune tra le più importanti opere italiane: i trafori
del Sempione e del Frejus, ma forse anche il Duomo, il Colosseo
e le Piramidi. In un susseguirsi di riflessioni, ricordi, litigi,
discussioni, Vittorini compone un ritratto familiare a metà
tra cronaca neorealista e metafora poetica, in un romanzo
singolare, fiabesco ed enigmatico, dove all’archetipo di un mondo
originario incarnato dal nonno-elefante fa da contrappunto
la crudezza della modernità con i suoi egoismi.
“Nella nostra famiglia siamo una casa piena di gente, e l’unica
persona, tra tutti, che lavori e guadagni qualcosa è mio fratello
Euclide.” Secondo dopoguerra, periferia di Milano, in una casa
“col bosco di Lambrate di fronte alla cucina” un figlio racconta
i propri familiari: una madre dura che serve in tavola quasi solo
la cicoria selvatica che riesce a raccogliere, un marito volenteroso
e remissivo, i numerosi fratelli affamati e soprattutto l’ingombrante
e muta presenza del nonno, uomo vecchissimo dall’appetito
formidabile e dal passato mitico. È lui infatti che ha contribuito
a edificare il mondo di oggi lavorando come muratore alla
costruzione di alcune tra le più importanti opere italiane: i trafori
del Sempione e del Frejus, ma forse anche il Duomo, il Colosseo
e le Piramidi. In un susseguirsi di riflessioni, ricordi, litigi,
discussioni, Vittorini compone un ritratto familiare a metà
tra cronaca neorealista e metafora poetica, in un romanzo
singolare, fiabesco ed enigmatico, dove all’archetipo di un mondo
originario incarnato dal nonno-elefante fa da contrappunto
la crudezza della modernità con i suoi egoismi.