Commento al Cratilo di Platone
Il ''Commento al Cratilo'' di Proclo è una raccolta di appunti o di estratti (probabilmente di un allievo) dalle lezioni che il filosofo neoplatonico tenne su questo articolato e complesso dialogo di Platone. Si tratta di un testo significativo per comprendere la concezione tardo-neoplatonica relativa alla natura dei nomi e del linguaggio nel suo insieme.
In esso s'intrecciano considerazioni di vario genere, di carattere non solo ''linguistico'' e ''etimologico'', ma anche e soprattutto concezioni teologiche desunte dall'interpretazione dei teonimi.
La riflessione sulla natura della realtà divina, nelle sue diverse articolazioni, è strettamente connessa in questo commentario a una ripresa e rielaborazione di arcaiche concezioni mitico-sacrali sulla natura dei nomi divini, cui fa eco un'ampia serie di riferimenti a quella particolare forma di ''magia filosofica'' nota come teurgia. In questo testo, la riflessione di natura logico-razionale sul linguaggio viene così a fondersi, in modo affascinante e suggestivo, con prospettive di matrice magica e mistica, anche attraverso una fitta serie di citazioni e rimandi agli oscuri versi degli ''Oracoli Caldaici'', considerati come il prodotto della diretta comunicazione divina.
Il ''Commento al Cratilo'' di Proclo è una raccolta di appunti o di estratti (probabilmente di un allievo) dalle lezioni che il filosofo neoplatonico tenne su questo articolato e complesso dialogo di Platone. Si tratta di un testo significativo per comprendere la concezione tardo-neoplatonica relativa alla natura dei nomi e del linguaggio nel suo insieme.
In esso s'intrecciano considerazioni di vario genere, di carattere non solo ''linguistico'' e ''etimologico'', ma anche e soprattutto concezioni teologiche desunte dall'interpretazione dei teonimi.
La riflessione sulla natura della realtà divina, nelle sue diverse articolazioni, è strettamente connessa in questo commentario a una ripresa e rielaborazione di arcaiche concezioni mitico-sacrali sulla natura dei nomi divini, cui fa eco un'ampia serie di riferimenti a quella particolare forma di ''magia filosofica'' nota come teurgia. In questo testo, la riflessione di natura logico-razionale sul linguaggio viene così a fondersi, in modo affascinante e suggestivo, con prospettive di matrice magica e mistica, anche attraverso una fitta serie di citazioni e rimandi agli oscuri versi degli ''Oracoli Caldaici'', considerati come il prodotto della diretta comunicazione divina.