Raccogliamo in questa pagina tutte le note di approfondimento bibliografico presenti in Gridalo di Roberto Saviano, come servizio per i lettori, che potranno essere indirizzati alle pagine web indicate dall’autore semplicemente cliccando sui link.
Tutti i link sono aggiornati al 15 ottobre 2020.
La citazione di Primo Levi è tratta da Se questo è un uomo, Einaudi, Torino 2005.
Per la stima dei battiti cardiaci di una vita, vedi Sandeep Jauhar, Il cuore. Una storia, trad. it. di Benedetta Antonielli D’Oulx, Bollati Boringhieri, Torino 2019.
Per l’immagine di Cristo a tavola con i pubblicani, vedi Matteo, 9,9-13.
La citazione di Aleksandr Solženicyn è tratta da Vivere senza menzogna, in Id., Il mio grido, trad. it. di Daniela Campanini, Piano B edizioni, Prato 2015.
Su Ipazia, vedi Silvia Ronchey, Ipazia. La vera storia, Rizzoli, Milano 2010, e Maria Moneti Codignola, Ipazia muore, Baldini & Castoldi, Milano 2013.
L’esergo e il brano riportato nel capitolo sono tratti da Carl Schmitt, Le categorie del “politico”. Saggi di teoria politica, a cura di Gianfranco Miglio e Pierangelo Schiera, il Mulino, Bologna 1972.
Per la coppia “amico-nemico” come fondamentale categoria del pericolo, vedi Schmitt, Le categorie del “politico”, cit.
Per le idee sul “politico” di Carl Schmitt, vedi anche Id., La dittatura, trad. it. di Bruno Liverani, Laterza, Roma-Bari 1975.
Per il filtro operato dalle piattaforme, vedi Eli Pariser, Il Filtro. Quello che Internet ci nasconde, trad. it. di Bruna Tortorella, il Saggiatore, Milano 2012.
Sull’incontro tra Jorge Luis Borges e Raffaella Carrà vedi Michele Serra, “L’amaca”, in la Repubblica, 28 aprile 2004.
Anna Politkovskaja, Cecenia. Il disonore russo, trad. it. di Agnès Nobécourt e Alberto Bracci, Fandango, Roma 2003 (da qui l’episodio dei militari russi e delle tre ragazzine con il cartello).
Un’altra lettura fondamentale è Anna Politkovskaja, La Russia di Putin, trad. it. di Claudia Zonghetti, Adelphi, Milano 2005. Da qui è stata tratta la ricostruzione del processo a Jurij Budanov.
Una coraggiosa testimonianza sugli orrori della guerra in Cecenia è raccolta in “Torture e detenzioni illegali in Cecenia. Intervista a Zareta Khamzatkhanova”, a cura di Matteo Ermacora, in DEP. Rivista telematica di studi sulla memoria femminile, 9, 2008.
Sulla guerra cecena si veda anche Norman Naimark, La politica dell’odio. La pulizia etnica nell’Europa contemporanea, trad. it. di Sergio Minucci, Laterza, Roma-Bari 2002.
Hatice Cengiz descrive il suo ultimo giorno con Jamal nell’articolo “My Fiancé Jamal Khashoggi Was a Lonely Patriot”, apparso sul New York Times il 13 ottobre del 2018.
In merito alla censura messa in atto contro i giornalisti “critici” verso Mohammad bin Salmān – a titolo esemplificativo – si veda l’articolo dello stesso Khashoggi: “Saudi Arabia’s Crown Prince Is Acting Like Putin”, pubblicato il 6 novembre del 2017, sul Washington Post e consultabile qui.
Le frasi del colloquio di Jamal con i suoi carnefici, inserite nel testo, sono quelle realmente pronunciate poco prima dell’omicidio, registrate da una cimice nascosta nel consolato saudita di Istanbul. Sono state rese disponibili alla pubblicazione nel settembre 2019 e sono apparse sul quotidiano turco Daily Sabah. La traduzione italiana della conversazione è ripresa da: Marco Ansaldo, “Khashoggi, gli ultimi minuti”, la Repubblica, 11 settembre 2019.
Sul regime saudita e le talpe dei social, vedi Anna Lombardi, “Talpe saudite dentro Twitter. Così il regime spiava i dissidenti”, la Repubblica, 7 novembre 2019 e anche l’intervento del giornalista David Ignatius sul Washington Post del 7 dicembre 2018 “How a Chilling Saudi Cyberwar Ensnared Jamal Khashoggi”.
Il post di Jeff Bezos, in cui si rendono pubbliche le minacce ricevute dalla AMI, “No Thank You, Mr. Pecker”, è stato pubblicato su Medium il 7 febbraio del 2019.
Le cifre di investimento saudita in armi statunitensi sono riprese da Maria Grazia Rutigliano, “USA-Arabia Saudita: i rapporti più che cordiali e gli accordi informali”, in Sicurezza internazionale, 10 dicembre 2018.
Il discorso in Parlamento del 3 gennaio del 1925, sette mesi dopo l’omicidio di Giacomo Matteotti, quello con cui Mussolini si assume la responsabilità di tutto ciò che è stato commesso dai fascisti, segna – non c’è dubbio – la data di “inizio” della dittatura fascista, in quanto con esso si rivendica – nella sostanza – la liceità dell’assassinio di tutte le voci dissidenti.
Per la “prima legge della tecnologia” di Melvin Kranzberg, vedi Id., “Technology and History: ‘Kranzberg’s Laws’”, in Technology and Culture, 27, 3, 1986.
Per l’analisi delle politiche delle piattaforme nel Web di Edward Snowden, e le sue frasi citate in questo capitolo, rimando al suo libro Errore di sistema, Longanesi, Milano 2019.
Vedi anche Franco Berardi “Bifo”, Futurabilità, Nero, Roma 2018, e Roger McNamee, Zucked. Come aprire gli occhi sulla catastrofe di Facebook, trad. it. di Ilaria Oddenino, Nutrimenti, Roma 2019.
Sulla vicenda di Milan Kundera, vedi tra gli altri, Fernando De Valenzuela, “La mia verità su Milan Kundera”, in la Repubblica, 29 novembre 2008.
Sempre a questo riguardo, vale la pena leggere i versi di Fernando Arrabal – tradotti da Francesco Forlani – in difesa di Kundera:
Quanto a lungo la calunnia si ergerà, incancellabile?
Quanto a lungo le carogne infangheranno delle loro ignominie i solitari?
Quanto a lungo la frontiera tra vita privata e pubblica sarà napalmizzata?
Quanto a lungo i violentatori dell’indispensabile segreto delle nostre vite si sfameranno nelle latrine della storia?
Quanto a lungo gli sterminatori della sfumatura tra l’opera e il suo autore continueranno a imperversare?
Quanto a lungo la vittima sarà ricoperta di sputi e inchiodata al palo della gogna?
Il testo originale della poesia è disponibile in Fernando Arrabal, Defensa: Kundera/Arrabal, Libros del innombrable, Zaragoza 2008.
Molti sono i modi per zittire il dissenso. Vedi i dati del ministero della Giustizia – “Un esercito di professionisti ‘intimiditi’ con l’arma della querela per diffamazione. […] 6 mila procedimenti penali, il 90% dei quali finisce nel nulla: il 70% già in istruttoria, il 20% nelle fasi del processo” – e il dossier sulla SLAPP (la querela strategica contro la partecipazione pubblica).
In merito alle accuse di plagio rivolte a Giordano Bruno, vedi Germano Maifreda, Io dirò la verità. Il processo a Giordano Bruno, Laterza, Roma-Bari 2018: “L’autore era oramai in procinto di lasciare l’Inghilterra, per diversi aspetti deluso dall’esperienza. Riteneva che oltremanica il suo pensiero avesse ricevuto un’accoglienza deludente; si era scontrato con i colleghi dell’università di Oxford, che lo avevano accusato di aver plagiato, durante lo svolgimento di un corso, il De vita di Marsilio Ficino.”
Sul processo a Giordano Bruno vedi anche Duilio Ricci, Bruno e Galileo. Il silenzio del pensiero, Firenze Atheneum, Firenze 2013: “La funzione del processo è quella di riaffermare, per la salvaguardia dell’Autorità, l’unica verità ammissibile, e questo è possibile solo riducendo al silenzio il pensiero non conforme.”
Per Giordano Bruno isolato negli anni dell’esilio vedi Michele Ciliberto, Giordano Bruno, Laterza, Roma-Bari 2005.
Il brano di George Orwell riportato nel testo è tratto da 1984, trad. it. di Gabriele Baldini, Mondadori, Milano 1950.
Per le foto di Robert Capa e il suo diario di guerra, vedi Id., Leggermente fuori fuoco, trad. it. di Piero Berengo Gardin, Contrasto, Roma 2002.
Sul sito invisiblechildren.com è ancora possibile vedere il docufilm di Jason Russell, Kony 2012.
Sui conflitti e le violazioni dei diritti umani in Uganda, vedi Adam Branch, Displacing Human Rights: War and Intervention in Northern Uganda, Oxford University Press, Oxford 2011.
Yvan Sagnet ha fondato un’associazione internazionale di lotta al caporalato, NoCap, ha scritto due libri ed è stato insignito dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella dell’onorificenza di cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
Nel suo Impressioni personali, trad. it. di Gilberto Forti, Adelphi, Milano 1989, Isaiah Berlin scrive: “Tutta la sua vita fu un ininterrotto atto d’accusa contro la realtà russa.”
Circa il silenzio mantenuto da Achmatova per molti anni, lei stessa ne scrisse: “Hanno frustrato a morte la mia Musa.” Vedi Anna Achmatova, Frantumi, in La corsa del tempo, Liriche e poemi, a cura di Michele Colucci, Einaudi, Torino 1992.
L’espressione i “tribunali della coscienza” è una citazione da Adriano Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Einaudi, Torino 1996.
Lo stralcio di lirica che ho fatto iniziare con “Una voce mi chiamava confortevole”, tratta dalla raccolta Piantaggine del 1921, è citata da Luna allo Zenit e altre poesie, a cura di Bruno Carnevali, Passigli, Firenze 2007.
Anna Achmatova rispose alla richiesta di raccontare il dolore delle donne in fila davanti al carcere con Requiem, raccolta di poesie scritte tra il 1935 e il 1961, mai pubblicata in URSS, ma ben conosciuta all’estero: in Italia è stata pubblicata in Anna Achmatova, Poema senza eroe, a cura di Carlo Riccio, Einaudi, Torino 1966.
Il frammento che inizia con “E se un dì pensassero” è tratto da Epilogo, lirica riportata in Anna Achmatova, La corsa del tempo, cit.
Per la dedica con cui Aleksandr Solženicyn apre Arcipelago Gulag, vedi Id., Arcipelago Gulag. 1918-1956. Saggio d’inchiesta narrativa, trad. it. di Maria Olsùfieva, Mondadori, Milano 1974.
“L’infelicità vuole essere parlata” è un voluto richiamo a “Il calabrese ‘vuole essere parlato’” di Corrado Alvaro (vedi Id., Un treno nel Sud, Rubbettino, Soveria Mannelli 2016). Alvaro racconta di un regista romano che girava in auto in una delle aree più povere della Calabria. Un gruppo di donne scalze, con pesanti ceste sulla testa, gli si fece incontro. Il regista mise mano al portafogli: “No,” disse una delle donne, “non cerchiamo denari. Voi venite da Roma. Raccontate a Roma quello che vedete in mezzo a noi.”
Di Émile Zola non si può prescindere dal leggere il J’accuse, il manifesto di tutti quelli che si schierano. Una delle edizioni italiane è quella a cura di Alessandro Mola, Garzanti, Milano 2019.
Per il trattamento riservato a Dreyfus, le pagine più significative sono le sue: Alfred Dreyfus, Cinque anni all’Isola del diavolo, trad. it. di Paolo Fontana, Medusa, Milano 2005. Per tutti i dubbi sulla morte di Zola, vedi Frédéric Lewino, Gwendoline Dos Santos, “29 septembre 1902. Le jour où Émile Zola est assassiné par un fumiste”, in Le Point, 29 settembre 2012.
E sempre su questo tema vedi il testo di Jean-Paul Delfino, Assassins! Les derniers jours de Zola, Éditions Héloïse d’Ormesson, Paris 2019.
Per la prima edizione delle fiabe dei fratelli Grimm, quella che conteneva la stesura originale e più feroce dei racconti, vedi Jacob e Wilhelm Grimm, Tutte le fiabe. Prima edizione integrale 1812-1815, a cura di Camilla Miglio, Donzelli, Roma 2015.
A negare l’ipotesi di una genesi orale della poesia epica: Joseph Bédier, Les légendes épiques. Recherches sur la formation des chansons de geste, 4 voll., Champion, Paris 1908-1913, mentre per l’esperimento tentato nei Balcani da Italo Siciliano, il professore dell’Università di Venezia citato nel capitolo, vedi il suo Le origini delle canzoni di gesta. Teorie e discussioni, CEDAM, Padova 1940.
Vedi anche Italo Calvino, Sulla fiaba, Torino, Einaudi 1988.
Il dialogo che hai letto è di pura invenzione, ma trae ispirazione da una storia vera. Vedi l’articolo di Hannes Grassegger, “Die Finkelstein formel”, pubblicato in Svizzera su Das Magazin a gennaio 2019, e uscito poi su Internazionale, nel numero 1298, con il titolo “Come si crea un nemico”. Il disgusto e i turbamenti provati dal personaggio di George sono gli stessi di chi scrive.
Sugli accordi tra il Gran Mufti e Hitler, vedi Wolfgang G. Schwanitz, “Il Gran Mufti e Hitler (e Netanyahu)”, in Limes, 10, 2015.
Su Michele Greco, vedi: Alfonso Madeo, “Michele Greco. L’autoritratto di un ‘Papa’”, in L’Ora, 12 giugno 1986; Attilio Bolzoni, “La verità del capomafia”, in la Repubblica, 23 febbraio 1986; le interviste a Michele Greco durante il maxiprocesso iniziato nel 1986, reperibili nell’archivio RAI; Francesco Viviano, Michele Greco. Il memoriale, Aliberti, Reggio Emilia 2008. La sostanza della deposizione di Michele Greco al processo si coglie nella sua dichiarazione: “Io ho letto molto, signor presidente, soprattutto la Bibbia. E conosco solo coloro che si pentono davanti a Dio. Gli altri, quelli utilizzati dalla giustizia, sono soltanto dei criminali falliti che per farla franca non esitano a raccontare falsità.” Vedi Attilio Bolzoni, Parole d’onore, BUR, Milano 2008 e Pietro Calderoni, Gaetano Savatteri, Voci del verbo mafiare. Aforismi di Cosa nostra, Tullio Pironti, Napoli 1993.
La teoria complottista della sostituzione della popolazione europea con popolazioni di origine africana e asiatica è sostenuta dallo scrittore francese Renaud Camus nel suo Le Grand Remplacement, David Reinharc, Neully-sur-Seine 2012. Di questo autore in lingua italiana si può trovare solo il romanzo Tricks, trad. it. di Maurizio Ferrara, Textus, L’Aquila 2012, per la collana “I racconti della realtà” diretta da Walter Siti.
Sui Lebensborn, tra gli altri, Lidia Beccaria Rolfi, Bruno Maida, Il futuro spezzato: i nazisti contro i bambini, Giuntina, Firenze 1997.
Per le credenze sui presunti riti ebraici legati alla Pasqua vedi le dichiarazioni rese sotto tortura dagli ebrei di Trento nei Processi contro gli ebrei di Trento (1475-1478), a cura di Anna Esposito e Diego Quaglioni, CEDAM, Padova 2008.
Vedi anche Wolfgang Benz, I Protocolli dei Savi di Sion. La leggenda del complotto ebraico, a cura di Andrea Gilardoni e Valentina Pisanty, Mimesis, Milano 2009.
Il metodo dei leader populisti di “infantilizzare” il discorso politico è spiegato con efficacia da Ece Temelkuran, Come sfasciare un paese in sette mosse. La via che porta dal populismo alla dittatura, trad. it. di Giuliana Oliviero, Bollati Boringhieri, Torino 2019.
Durante i primi anni di matrimonio, Martin Luther King visse a Montgomery, Alabama. In seguito, la famiglia King si trasferì ad Atlanta, Georgia, sua città natale e sede della chiesa battista di Ebenezer, dove il padre svolgeva la funzione di pastore. L’incontro con l’amante è solo immaginato in quella città, in quanto della bobina che lo “intercetta” resta oggi soltanto la segnalazione nei fascicoli dell’FBI. Vedi David J. Garrow, The FBI and Martin Luther King, Jr., W.W. Norton & Co., New York 1981. Circa le amanti – vere e presunte – di King, vedi l’intervista del 29 ottobre 1989, rilasciata dal suo amico, nonché attivista, Ralph Abernathy. Circa i dossieraggi dell’FBI su King, vedi anche Curt Gentry, J. Edgar Hoover. La vita e i segreti del primo capo dell’FBI, trad. it. di Marina Astrologo, Mondadori, Milano 2012.
L’ansia con la quale la moglie di King visse per anni l’attesa della telefonata che le avrebbe annunciato la morte del marito è stata descritta da Coretta stessa nel libro autobiografico La mia vita con Martin Luther King, Pgreco, Milano 2018. I processi e i periodi di detenzione di Martin Luther King più sofferti non sono tanto quelli relativi ai sit-in di protesta o alle marce non autorizzate, quanto quelli che gli derivarono da denunce pretestuose che avevano il solo fine d’intimidirlo: accuse di falsa dichiarazione dei redditi, guida senza documenti, concorrenza sleale al servizio dei trasporti di linea. Processi che sottraevano energie vitali e denaro alla causa antisegregazionista e che, infatti, con questo scopo furono intentati. In merito alla denuncia per dichiarazione dei redditi fraudolenta, King dichiarò: “Voi tutti sapete bene che non ho il denaro per controbattere a un’accusa del genere in un tribunale.” La moglie sostenne che quel processo – più degli altri – gettò il marito in uno stato di prostrazione, in quanto la sobrietà e l’onestà riguardo al denaro erano la sua ossessione.
Per la “lettera del suicidio” vedi: “La lettera con cui l’FBI invitò Martin Luther King a suicidarsi”.
Il testo di riferimento circa la figura di George Wallace è quello di Stephan Lesher, George Wallace. American Populist, Addison-Wesley, Reading (MA) 1993. Lesher seguì in veste di giornalista i comizi di Wallace fin dagli esordi della sua carriera politica, dal boicottaggio dei mezzi di trasporto a Montgomery. Prima di scrivere, molti anni più tardi, la sua biografia, Lesher ottenne inoltre da Wallace sedici ore d’intervista in esclusiva. Lui definì Wallace il “padre della retorica populista”.
Il libro di James Baldwin che vorrei tu leggessi è Se la strada potesse parlare, trad. it. di Marina Valente, Fandango, Roma 2018. I versi che hai letto in chiusura sono ispirati all’opera di Baldwin.
Nel 2019 è uscita per Bompiani la prima raccolta di scritti di Daphne Caruana Galizia, Di’ la verità anche se la tua voce trema. Il libro a cui Daphne stava lavorando prima che il tritolo la uccidesse è stato portato a compimento insieme ai figli, Andrew, Matthew e Paul, che dal giorno dell’uccisione di Daphne sono impegnati incessantemente per ottenere giustizia per lei e le sue inchieste. Poche settimane dopo la pubblicazione, un’improvvisa svolta nelle indagini ha portato all’arresto di Yorgen Fenech, presunto mandante dell’omicidio di Daphne, e a cascata alle dimissioni di Konrad Mizzi, Keith Schembri e Joseph Muscat (dimessosi poi soltanto nel gennaio 2020) e a una ulteriore serie di arresti, l’ultimo dei quali dello stesso Schembri per riciclaggio.
Vedi anche Roberto Saviano, Criminali ovunque io guardi – Daphne Caruana Galizia, in Le mani sul mondo, disponibile sulla piattaforma Audible, 2020.
Per il mito di Diana e di Atteone, vedi Giordano Bruno, De gli eroici furori, in Id., Dialoghi filosofici italiani, a cura di Michele Ciliberto, Mondadori, Milano 2000.
Il caso “Hogan vs Gawker” è ricostruito in ogni dettaglio nel libro Il post-giornalismo. Il caso Hulk Hogan/Peter Thiel vs Gawker, a cura di Mario Mancini, goWare, Firenze 2017.
Le frasi virgolettate riportate nel testo sono riprese da: Jeffrey Toobin, “Il duello Hogan-Gawker: Privacy vs diritto di cronaca”, in Il post-giornalismo, cit.
L’espressione “bolla del Primo emendamento” di Amy Gajda è tratta da The First Amendment Bubble: How Privacy and Paparazzi Threaten a Free Press, Harvard University Press, Cambridge (MA) 2015.
Il video privato di Karina Bolaños è visibile qui; per il servizio realizzato dalla rivista spagnola Interviú rimando alla pagina di Interviú, luglio 2012.
Cinque articoli che rivelano l’ombra del governo dietro l’“affaire Bolaños” sono quelli scritti da Dan Stevens per il Costarican Times:
– “Karina Bolaños Says Laura Chinchilla Only Protects the Corrupt”, 11 settembre 2012;
– “Lawyers Interviewing Karina Bolaños on Her Border Trail Comments”, 30 ottobre 2012;
Julian Huxley, La genetica sovietica e la scienza, trad. it. di Luciana Semenza, Longanesi, Milano 1952.
Joyce Haber, “Miss A Rates as Expectant Mother”, in Los Angeles Times, 19 maggio 1970.
“Max Lowenthal, Lawyer, Dies. Book on FBI Stirred a Storm”, in The New York Times, 19 maggio 1971.
Wendell Rawls Jr., “FBI Admits Planting a Rumor to Discredit Jean Seberg in 1970”, in The New York Times, 15 settembre 1979.
M. Wesley Swearingen, FBI Secrets. An Agent’s Exposé, South End Press, Boston 1995.
Simon Sebag Montefiore, Il giovane Stalin, trad. it. di Giovanni Ferrara degli Uberti, Longanesi, Milano 2007.
Francesco Cassata, Le due scienze. Il “caso Lysenko” in Italia, Bollati Boringhieri, Torino 2008.
Curt Gentry, J. Edgar Hoover. La vita e i segreti del primo capo dell’FBI, trad. it. di Marina Astrologo, Mondadori, Milano 2012 (da cui sono tratte le due citazioni: le prove procacciate dagli agenti dell’FBI che dovevano servire a Hoover “per fabbricare il mondo in cui credeva” e “Il libro di Lowenthal era fondamentalmente noioso quanto il verbale di un tribunale”).
Anthony Summers, La vita segreta di J. Edgar Hoover. Direttore dell’FBI (1924-1972), trad. it. di Adriana Dell’Orto, Tilde Riva e Nicoletta Rosati, Bompiani, Milano 2012.
Ariane Chemin, Mariage en douce. Gary et Seberg, Équateurs, Paris 2016.
Romain Gary, La vita davanti a sé, Neri Pozza, Vicenza 2018, trad. it. di Giovanni Bogliolo, con illustrazioni di Manuele Fior.
Che l’“uomo medio”, il buon padre di famiglia, sia “un pericoloso delinquente, conformista, colonialista, razzista, schiavista, qualunquista”, Pasolini lo fa dire a Orson Welles nell’episodio “La ricotta” del film Ro.Go.Pa.G. (1963).
Il libro che ripercorre per intero la vicenda dei processi di Pasolini è Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte, a cura di Laura Betti, Garzanti, Milano 1977.
C’è un libro su Pasolini che – per me – dovrebbe essere imparato a memoria, e che non tratta dei suoi scritti: Umberto Apice, Processo a Pasolini. La rapina del Circeo, Palomar, Bari 2007.
Apice, tra le altre, riporta la frase pronunciata in aula dall’avvocato difensore di Pasolini, Francesco Carnelutti, che sintetizza il clima creato intorno a lui: “Volete sbranarlo, Pasolini.”
Apice è anche il primo a capire ciò che con quel processo si voleva affermare, oltre l’aula del tribunale: “Il messaggio era che l’esempio di Pasolini non andava imitato, perché il potere dispone di anticorpi capaci di reagire e di annientare chi ostacola, anche solo con la parola, la libera gestione della cosa pubblica. Ecco il doppio obiettivo perseguito: a) tranquillizzare le fasce della sottocultura e della piccola borghesia: il sovversivo, il diverso, il ‘frocio’ si è ucciso con le sue stesse mani; b) minacciare i non allineati: chi si permette di contrastare la logica generale dello sviluppo e del neocapitalismo, chi pretende che l’economia debba anzitutto rispettare le regole del diritto, chi fa l’accusatore del regime che governa l’Italia, si aspetti di fare la stessa fine di Pasolini. Insomma, si deve capire, o intuire, che il regime è forte: ‘Nessuno si può permettere di chiedere un processo a chi governa l’Italia.’ E, ancora, è come se l’avvertimento dicesse: ‘Tu sei scrittore, regista, intellettuale, ma la tua parola, i tuoi messaggi non valgono niente. Noi ti possiamo accusare delle cose più assurde: il mondo crederà a noi.’ È la logica degli omicidi di stampo mafioso. Il mandante dev’essere riconosciuto, ma non inchiodato alle sue responsabilità: questo servirà agli altri perché imparino la lezione. Il nemico va distrutto, ma con lui deve sparire anche il suo esempio: non devono esserci altri ad imitarlo”.
Le notizie generiche sulla vita di Goebbels sono tratte dalla biografia dello storico tedesco Peter Longerich, Goebbels. Una biografia, trad. it. di Valentina Tortelli, Einaudi, Torino 2016.
La conquista di Berlino è uno dei testi fondamentali per comprendere la costruzione della propaganda nazista, poiché Goebbels vi analizza la fase iniziale della conquista del consenso da parte del partito nazionalsocialista. I brani riportati sono citati da Joseph Goebbels, La conquista di Berlino, trad. it. di Marco Tarchi, Edizioni di Ar, Padova 2005.
Le linee guida della propaganda di Goebbels, qui riassunte rispetto alla più ampia versione originale, sono riprese da Leonard W. Doob, “Goebbels’ Principles of Propaganda”, in The Public Opinion Quarterly, 14, 3, 1950.
La frase “Gesù non ha mai portato prove, ha solo fatto delle affermazioni” – riportata in un articolo di Goebbels del 15 marzo 1927, apparso sul periodico Nationalsozialistische Briefe – è tratta da Longerich, Goebbels. Una biografia, cit.
L’anomalia biometrica degli arti di Goebbels fu annotata nella relazione redatta dai sovietici al momento della scoperta del cadavere, il 9 maggio del 1945, nel bunker berlinese in cui Goebbels si suicidò un giorno dopo Hitler, il 1º maggio del 1945.
Per comprendere le dinamiche interne al Gruppo di Visegrád – formato da Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria (quest’ultima con una maggioranza di popolazione magiara, quindi non slava) – vedi Fabio Parola, “Il Gruppo di Visegrád, tra boom economico e scontro con l’UE”.
L’insieme dei diari di Goebbels forma un corpus di trentadue volumi, editi a partire dal 1993 dalla storica tedesca Elke Frölich. L’intera opera, dal titolo Die Tagebücher von Joseph Goebbels, è stata completata nel 2008 con l’uscita dell’ultimo volume. Non tutti i volumi sono apparsi in edizione italiana.
I passi riportati nel testo riferiti all’anno 1938 sono tratti da Joseph Goebbels, Diario 1938, a cura di Marina Bistolfi, CDE, Milano 1994.
I passi riportati nel testo riferiti all’anno 1939 sono tratti da Joseph Goebbels, I diari di Goebbels 1939-1941, a cura di Fred Taylor, trad. it. di Rosanna Pelà, Sperling & Kupfer, Milano 1984.
La relazione tra Goebbels e Lída Baarová è stata ricostruita sulla base delle annotazioni autobiografiche – a volte esplicite, a volte camuffate – contenute nel diario dell’anno 1938, che Goebbels definisce come il periodo più difficile della sua vita. Il nome di Baarová vi compare spesso, dissimulato sotto quello della moglie, come ad esempio alla data del 16 giugno: “Magda passa a prendere un caffè, ci parliamo con il cuore in mano.”
Sulle strategie di manipolazione del linguaggio, vedi Victor Klemperer, LTI. La lingua del Terzo Reich. Taccuino di un filologo, trad. it. di Paola Buscaglione Candela, Giuntina, Firenze 2008.
L’espressione “la fabbrica del consenso” è una citazione del libro di Noam Chomsky e Edward S. Herman, La fabbrica del consenso. La politica e i mass media, trad. it. di Stefano Rini, il Saggiatore, Milano 2014.
Per la e-mail spedita ai fornitori dall’azienda del bresciano, vedi Stefano Galeotti, “‘Chiediamo tassativamente che non si usino più trasportatori di colore o simili.’ La mail razzista di un’azienda di Brescia”, in il Fatto Quotidiano, 4 luglio 2019.
Molti sono i passi in cui Hitler parla degli slavi come di un “popolo inferiore”; ne cito solo uno, a titolo esemplificativo, il primo del Mein Kampf: “La famiglia arciducale diventava sempre più boema, e fu forse la mano della dea di ogni giustizia e della solenne vendetta a permettere che il più mortale nemico della germanità austriaca, l’Arciduca Francesco Ferdinando, fosse ucciso da una pallottola che lui stesso aveva contribuito a fondere. Non era forse costui l’alto patrono di tutti coloro i quali si accingevano a slavizzare l’Austria?” Vedi Adolf Hitler, Mein Kampf, in Il “Mein Kampf” di Adolf Hitler. Le radici della barbarie nazista, a cura di Giorgio Galli, Kaos edizioni, Milano 2002.
Per le coltivazioni di cannabis introdotte dall’ex presidente del Ruanda Juvénal Habyarimana, vedi Jean Baptiste Kayigamba, “Rwanda-Development: Streets Paved with Drugs”.
Del direttore del periodico Kanguka, Vincent Rwabukwisi, a lungo detenuto e infine ucciso, riferisce il sito del Committee to protect journalists. A questa pagina invece si può scaricare una relazione di Amnesty International su altri giornalisti “dissidenti” della medesima testata arrestati e torturati in quegli anni.
La vignetta razzista, intitolata “La force du sexe et les paras belges”, è riportata in Rwanda. Les médias du génocide, a cura di Jean-Pierre Chrétien e con Reporters Sans Frontières, Karthala, Paris 1995. Nella sezione documenti dello stesso testo è riportato il discorso del 26 maggio di Kantano Habimana alla Radio Télévision Libre des Mille Collines.
Per i forti dubbi circa una differente origine delle etnie tutsi e hutu, vedi Jean-Pierre Chrétien, Le défi de l’ethnisme: Rwanda et Burundi, Karthala, Paris 1997.
Per l’implicazione dei media nel genocidio ruandese, vedi Darryl Li, “Echoes of Violence: Considerations on Radio and Genocide in Rwanda”, in Journal of Genocide Research, 6, 1, marzo 2004; The Media and the Rwanda Genocide, a cura di Allan Thompson, Pluto Press, London 2007; Fonju Ndemesah Fausta, La radio e il machete. Il ruolo dei media nel genocidio in Rwanda, Infinito, Roma 2009; James T. McCoy, Mbwirabumva (“I Speak to Those Who Understand”). Three Songs by Simon Bikindi and the War and Genocide in Rwanda, Electronic Theses, Florida State University Libraries, Tallahassee (FL) 2013; William J. Bernstein, Masters of the Word. How Media Shaped History, Grove Press, New York 2013; James P. Farwell, Persuasion and Power. The Art of Strategic Communication, Georgetown University Press, Washington DC 2012.
Per i dati circa il numero di armi importate dal Ruanda tra il gennaio 1993 e il marzo 1994, vedi Renato Cecchetti, Rwanda: dalle origini agli effetti di un genocidio, tesi di laurea in Scienze politiche e Relazioni internazionali, La Sapienza, Roma 2011.
Il racconto del tutsi fermato al posto di blocco e costretto a scegliere tra i suoi figli è ispirato alla testimonianza di un sopravvissuto, vedi Giancarlo Somoncelli, “Il genocidio raccontato da un sopravvissuto”, Radioforum di Radio3, 3 giugno 1998.
Racconti non dissimili sono stati raccolti dal giornalista d’inchiesta Nacho Carretero, “Ruanda, los cien días de la barbarie”, in Jot Down, 26 marzo 2014.
Carretero riporta la testimonianza di due pazienti sopravvissuti al genocidio riferita dallo psichiatra che li ha in cura, il dottor Bizoza Rutakayile: “Ho due casi estremi. Uno è di un ragazzo che è stato costretto a bere il sangue di sua madre e mangiare i suoi organi sessuali prima che la uccidessero. L’altra paziente, una donna – che è oggi in stato di irreversibile depressione –, è stata costretta a mangiare uno dei suoi figli in cambio della vita degli altri.”
Per la storia di Lucie, vedi “Il sogno di Beatrice”, podcast Uguali, scritto e interpretato da Roberto Saviano in collaborazione con Action Aid e Spotify.
Sul tema dell’emarginazione delle vittime degli stupri etnici, vedi Linda Caglioni, “Guardateci, siamo i figli degli stupri etnici. E non vogliamo più nasconderci”, in l’Espresso, 13 marzo 2019.
Vedi anche Silvana Arbia, a lungo procuratore e poi chief of prosecutions presso il Tribunale penale internazionale per il Ruanda: Mentre il mondo stava a guardare, Mondadori, Milano 2011.
Le poesie riportate nel testo sono tratte da Xu Lizhi, Mangime per le macchine. Poesie, trad. it. a cura dell’Istituto Onorato Damen della selezione di liriche pubblicata online dal blog libcom con il titolo “The Poetry and Brief Life of a Foxconn Worker: Xu Lizhi (1990-2014)”. Entrambe le raccolte sono rispettivamente consultabili qui e qui.
Per farti un’idea generale delle condizioni a cui sono sottoposti gli operai della Foxconn, vedi Brian Merchant, “Life and Death in Apple’s Forbidden City”, The Guardian, 18 giugno 2017.
Pun Ngai, Jenny Chan e Mark Selden, Morire per un iPhone. La Apple, la Foxconn e la lotta degli operai cinesi, a cura di Ferruccio Gambino e Devi Sacchetto, Jaca Book, Milano 2015.
Il suicidio di Xu Lizhi, le migliaia di migranti cinesi dalle campagne alle città e l’alienazione di tutti gli operai del mondo sono ricordati nel cortometraggio di Andrea e Marco Nasuto, Il cielo. Così lontano, così vicino, 16 ottobre 2019.
Sul fungo parassita che rende zombie le formiche, vedi Ian Sample, “‘Zombie Ants’ Controlled by Parasitic Fungus for 48m Years”, in The Guardian, 18 agosto 2010; il videogioco a cui fa riferimento Bananaboss è The Last of Us per la piattaforma PlayStation.
Le memorie di Settimia Spizzichino sono raccolte nel libro scritto insieme a Isa di Nepi Olper, Gli anni rubati. Le memorie di Settimia Spizzichino, reduce dai Lager di Auschwitz e Bergen-Belsen, Comune di Cava de’ Tirreni, Cava de’ Tirreni 1996.
Sui fatti che mi hanno portato in aula il 28 maggio 2018 rimando al verbale dell’udienza, alla sentenza emessa dal Tribunale Penale di Roma il 10 febbraio 2020 e all’articolo di Simone Somekh, “Roberto Saviano, Author of ‘Gomorrah’, Takes on Internet Nazis”, in Tablet Magazine, 8 maggio 2018.
Sugli attacchi a Carla Di Veroli, vedi l’articolo di Federica Angeli e Gabriele Isman nella cronaca di Roma per la Repubblica, “Attacchi antisemiti sul web per la Di Veroli ‘Contro via Almirante, ha zia olomiracolata’, 22 ottobre 2012.
Per le parole di Cicerone vedi la sua orazione Pro Quinctio, 15.
Sul perché crediamo all’autenticità del male e all’inautenticità del bene rimando alla conversazione con don Davide Banzato a Che tempo che fa, a Rai3, dell’11 ottobre 2020.
In ultimo: ho preferito citare gli stormfrontisti solo mediante i nickname e le iniziali dei nomi. Non sarò di certo io a stilare liste, non mi interessa che associate le loro parole ai loro nomi; vi basti sapere che ciò che ho raccontato è accaduto e che il tenore dei messaggi presenti sulla piattaforma Stormfront era ben più violento di quanto si possa immaginare. Molte volte mi è stato detto: “Non ne parlare”, “Se ne parli gli dai solo importanza”, “Se ne parli esistono”. Non sono d’accordo: bisogna parlarne e bisogna denunciare.
La canzone napoletana citata nel testo è Lacreme napulitane (1925) di Libero Bovio.
La storia del linciaggio degli italiani a New Orleans nel 1891 è ricostruita nel libro di Enrico Deaglio, Storia vera e terribile tra Sicilia e America, Sellerio, Palermo 2015.
Sempre dal testo di Deaglio è riportato il brano della canzone siciliana, Madonna quant’è àutu stu suli!
Sulle condizioni e la storia degli italiani a New Orleans, vedi Joseph Maselli e Dominic Candeloro, Italians in New Orleans, Arcadia Publishing, Charleston (SC) 2004.
La vita di Francesca Saverio Cabrini, celebrata dalla Chiesa cattolica come la santa patrona dei migranti, è ricostruita in Giuseppe dall’Ongaro, Francesca Cabrini. La suora che conquistò l’America, Rusconi, Milano 1982; Lucetta Scaraffia, Francesca Cabrini. Tra la terra e il cielo, Edizioni Paoline, Milano 2003.
Il sacerdote che compare con il nome di Giovanni è Giovanni Battista Scalabrini (1839-1905), vescovo di Piacenza. Scalabrini fu attivo nel portare aiuto agli emigranti di qualunque fede e nazionalità, e per questo soprannominato il “vescovo degli emigranti”.
Per un’introduzione e uno sguardo d’insieme sul fenomeno dell’emigrazione italiana, vedi Giancarlo Perego, “Il Rapporto Migrantes Italiani nel Mondo 2011”.
Per i dati e le statistiche dei cittadini italiani residenti all’estero, vedi: Rapporto italiani nel mondo 2019. Sintesi, a cura di Fondazione Migrantes; Davide Mancino, “Gli italiani all’estero: quanti sono, dove sono andati e quando sono partiti”, in Il Sole 24 Ore, 15 novembre 2019.
Il capitolo è ispirato a tutte le storie dei bambini siriani torturati e minacciati dello stupro della madre e della morte del padre. Per molti di loro, le minacce sono divenute realtà.
La storia di Alàa, sei anni, è stata raccontata da un bambino siriano – Wael, sedici anni – ai volontari di Save the Children in un campo profughi della Giordania, vedi Monica Ricci Sargentini, “Torture e massacri, i bambini siriani raccontano l’orrore”, in Corriere della Sera, 26 settembre 2012.
Per la storia di Hamza Alì al-Khatib, vedi l’articolo di Hugh Macleot e Annasofie Flamand, “Tortured and Killed: Hamza al-Khateeb, Age 13”, in Al Jazeera, 31 maggio 2011.
L’ONU ha raccolto 256 testimonianze di torture su minori compiute in Siria tra marzo e novembre 2011 dal regime di Asad. La storia del gruppo di ragazzi e dei loro graffiti sul muro della scuola, cui seguì prima la rappresaglia degli agenti di sicurezza e poi le note proteste popolari, è raccontata, tra gli altri, nel breve documentario del 2017 The Boy Who Started the Syrian War.
Per il tenore delle risposte date ai genitori che si rivolsero alle autorità per avere notizie sui loro figli, torturati, spesso uccisi, si veda Alia Malek, Il Paese che era la nostra casa. Racconto della Siria, trad. it. di Giovanni Zucca, Enrico Damiani Editore, Salò 2018: “I genitori terrorizzati si rivolsero alle autorità, chiedendo notizie dei loro figli. ‘Dimenticatevi dei vostri figli,’ fu la risposta. ‘Se volete dei figli, fatene degli altri. E se non sapete come si fa, portateci le vostre donne e ci penseremo noi.’”
In merito alla repressione messa in atto da Asad contro la parola dissidente, vedi: Abdullah Alhallak, Un vulcano chiamato Siria. Testi e testimonianze, trad. it. di Giacomo Longhi, Jouvence, Milano 2018; Carla Del Ponte, Gli impuniti. I crimini in Siria e la mia lotta per la verità, trad. it. di Anna Maria Foli, Sperling & Kupfer, Milano 2018; Lorenzo Trombetta, “Sangue e misteri sulla via di Damasco”, in Limes, 3, 2011.
L’esergo iniziale è tratto dall’articolo di Verna Yu, “If China Valued Free Speech, There Would Be No Coronavirus Crisis”, in The Guardian, 8 febbraio 2020.
Di Verna Yu vedi anche “Fates of Coronavirus, SARS Doctors Shift Focus to China Rights”, in Voice of America, 12 febbraio 2020.
Per i baffetti di Adolf Hitler, vedi Rich Cohen, “Becoming Adolf”, in Vanity Fair, 9 ottobre 2007.
Sulla questione siriana e su Asad, vedi Carla Del Ponte, Gli impuniti. I crimini in Siria e la mia lotta per la verità, trad. it. di Anna Maria Foli, Sperling & Kupfer, Milano 2018, e Sam Dagher, Asad or We Burn the Country. How One Family’s Lust for Power Destroyed Syria, Little, Brown and Company, New York 2019.
Sugli attacchi col gas a Ghuta, vedi il reportage di Human Rights Watch, Attacks on Ghuta. Analysis of Alleged Use of Chemical Weapons in Syria, 2013.
Il grido della bambina filmata da suo padre in uno scantinato di Ghuta lo puoi ascoltare qui: https://www.youtube.com/watch?v=rHHgEDOxtYk.
Per l’omicidio di George Floyd:
“George Floyd: What happened in the final moments of his life”, BBC, 16 luglio 2020.
“Thomas Lane bodycam video of George Floyd death”, Fox 9 News, 10 agosto 2020.
Per la metafora della guerra in tempo di pandemia, vedi Daniele Cassandro, Siamo davvero in guerra? Metafore e parole del nuovo Coronavirus, Nuovadimensione, Portogruaro 2020.
Riguardo al negazionismo e alla rimozione in tempo di epidemie, vedi innanzitutto il XXXI capitolo dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni. Ma anche:
Salvatore De Renzi, Osservazioni sulla topografia medica del Regno di Napoli, Napoli 1829-1830 e Storia della medicina italiana, Napoli 1845-1848 (volume V).
Idamaria Fusco, Peste, demografia e fiscalità nel Regno di Napoli del XVII secolo, FrancoAngeli, Milano 2007.
Frank M. Snowden, Naples in the Time of Cholera, 1884-1911, Cambridge University Press, Cambridge 1965.
Id., Epidemics and Society: From the Black Death to the Present, Yale University Press, New Haven (CT) 2020.
Gianfrancesco Turano, “Il colera di Napoli al tempo dei Borboni”, in l’Espresso, 6 aprile 2020.