Racconti di un pellegrino russo
Questo risplendente poema russo è al tempo stesso fiaba poetica e grande trattato spirituale. Della fiaba ha la continuità narrativa, gli ingenui refrain, la candida forma letteraria e la fantasiosa vena lirica. Ma, al di là dell'incantevole storia del pellegrino risoluto a procedere all'infinito, finché non gli sarà svelato il significato delle parole dell'apostolo Paolo: ''Pregate senza intermissione'', di cui egli ha colto subito l'aspetto iperbolico (come è possibile, quando siamo tanto occupati a vivere?), palpita un'esperienza mistica profonda, l'inseguimento di una visione ignota e inesplicabile per la quale si abbandona ogni bene e ci si mette in cammino. Così l'opera diventa anche la cronaca del mirabile cammino di fede del pellegrino, fino alla stupefatta ed ebbra convivenza con la Preghiera del Nome, quando non più lui vive la Preghiera ma ne è vissuto, secondo la frase paolina: ''Non son più io che vivo, è Cristo che vive in me.''
L'autore di questi racconti è ignoto. Secondo la tradizione si tratterebbe di un contadino della provincia di Orel che, al ritorno da un viaggio in Terra Santa, si sarebbe fermato al Monte Athos, forse come monaco, per scrivere la storia del suo straordinario cammino. Il testo anonimo fu trascritto dall'abate Paissy del monastero di San Michele Arcangelo dei Ceremissi, presso Kazan', e quattro dei sette racconti furono pubblicati intorno al 1860, seguiti nel 1911 dai tre restanti. Solo nel 1930, a Parigi, uscì la prima edizione completa, comprendente anche i testi patristici. Su quest'ultima è stata condotta la presente traduzione, alla quale si è ritenuto utile aggiungere un testo di Teofano il Recluso, sulla Preghiera di Gesù.
Titolo originale: ''Otkrovennye rasskazy strannika duchovnomu svoemu otcu''.
Questo risplendente poema russo è al tempo stesso fiaba poetica e grande trattato spirituale. Della fiaba ha la continuità narrativa, gli ingenui refrain, la candida forma letteraria e la fantasiosa vena lirica. Ma, al di là dell'incantevole storia del pellegrino risoluto a procedere all'infinito, finché non gli sarà svelato il significato delle parole dell'apostolo Paolo: ''Pregate senza intermissione'', di cui egli ha colto subito l'aspetto iperbolico (come è possibile, quando siamo tanto occupati a vivere?), palpita un'esperienza mistica profonda, l'inseguimento di una visione ignota e inesplicabile per la quale si abbandona ogni bene e ci si mette in cammino. Così l'opera diventa anche la cronaca del mirabile cammino di fede del pellegrino, fino alla stupefatta ed ebbra convivenza con la Preghiera del Nome, quando non più lui vive la Preghiera ma ne è vissuto, secondo la frase paolina: ''Non son più io che vivo, è Cristo che vive in me.''
L'autore di questi racconti è ignoto. Secondo la tradizione si tratterebbe di un contadino della provincia di Orel che, al ritorno da un viaggio in Terra Santa, si sarebbe fermato al Monte Athos, forse come monaco, per scrivere la storia del suo straordinario cammino. Il testo anonimo fu trascritto dall'abate Paissy del monastero di San Michele Arcangelo dei Ceremissi, presso Kazan', e quattro dei sette racconti furono pubblicati intorno al 1860, seguiti nel 1911 dai tre restanti. Solo nel 1930, a Parigi, uscì la prima edizione completa, comprendente anche i testi patristici. Su quest'ultima è stata condotta la presente traduzione, alla quale si è ritenuto utile aggiungere un testo di Teofano il Recluso, sulla Preghiera di Gesù.
Titolo originale: ''Otkrovennye rasskazy strannika duchovnomu svoemu otcu''.