Grande Karma
Nato a Livorno un secolo fa, vissuto in Francia
e poi a lungo in Messico dove muore nel 2003,
Carlo Coccioli è uno degli scrittori più
irregolari e affascinanti del nostro Novecento.
A rendere sfuggente la sua identità concorrono
molti aspetti: Coccioli fa uso di tre lingue
– italiano, francese e spagnolo – per le sue
opere, tutte caratterizzate da una forte
eccentricità tematica e strutturale; è partigiano,
animalista, ispiratore degli Alcolisti anonimi
italiani; è finalista al premio Campiello eppure
alcuni suoi libri non hanno visto la luce
in Italia o vi sono giunti molto tardi. È questo
il caso di Fabrizio Lupo, bestseller in Francia
all’inizio degli anni Cinquanta, pubblicato
in Italia solo nel 1978: in questo romanzo
Coccioli affronta apertamente il tema
dell’omosessualità, che insieme a una spiritualità
vivissima e nomade fu uno dei grandi rovelli
della sua vita e della sua scrittura.
“Una delle cose che colpiscono di più,
nella narrativa di Coccioli, è l’autenticità
disarmata con cui rifiuta l’idea di un’autonomia
della letteratura dalla vita,” ha scritto Walter
Siti nella sua introduzione a Fabrizio Lupo.
E Alessandro Raveggi sceglie di raccontare
lo scrittore proprio attraverso la vita, mettendo
in scena l’avventura di un giovane studioso
che ne (in)segue le orme per il mondo.
Viaggiando tra il Messico, Parigi e Firenze,
rimescolando parole tratte dai romanzi,
dagli epistolari, dalle opere di amici di Coccioli
come Malaparte e Cocteau, il narratore
si lascia sedurre dal gioco degli specchi
praticato per tutta la vita dallo scrittore.
Tentato dalla realtà quanto dalla finzione,
Raveggi affida a ciascuno il compito
di proseguire il viaggio attraverso la lettura
delle opere di Coccioli e insieme celebra
il mistero da cui ogni arte trae alimento.
Nato a Livorno un secolo fa, vissuto in Francia
e poi a lungo in Messico dove muore nel 2003,
Carlo Coccioli è uno degli scrittori più
irregolari e affascinanti del nostro Novecento.
A rendere sfuggente la sua identità concorrono
molti aspetti: Coccioli fa uso di tre lingue
– italiano, francese e spagnolo – per le sue
opere, tutte caratterizzate da una forte
eccentricità tematica e strutturale; è partigiano,
animalista, ispiratore degli Alcolisti anonimi
italiani; è finalista al premio Campiello eppure
alcuni suoi libri non hanno visto la luce
in Italia o vi sono giunti molto tardi. È questo
il caso di Fabrizio Lupo, bestseller in Francia
all’inizio degli anni Cinquanta, pubblicato
in Italia solo nel 1978: in questo romanzo
Coccioli affronta apertamente il tema
dell’omosessualità, che insieme a una spiritualità
vivissima e nomade fu uno dei grandi rovelli
della sua vita e della sua scrittura.
“Una delle cose che colpiscono di più,
nella narrativa di Coccioli, è l’autenticità
disarmata con cui rifiuta l’idea di un’autonomia
della letteratura dalla vita,” ha scritto Walter
Siti nella sua introduzione a Fabrizio Lupo.
E Alessandro Raveggi sceglie di raccontare
lo scrittore proprio attraverso la vita, mettendo
in scena l’avventura di un giovane studioso
che ne (in)segue le orme per il mondo.
Viaggiando tra il Messico, Parigi e Firenze,
rimescolando parole tratte dai romanzi,
dagli epistolari, dalle opere di amici di Coccioli
come Malaparte e Cocteau, il narratore
si lascia sedurre dal gioco degli specchi
praticato per tutta la vita dallo scrittore.
Tentato dalla realtà quanto dalla finzione,
Raveggi affida a ciascuno il compito
di proseguire il viaggio attraverso la lettura
delle opere di Coccioli e insieme celebra
il mistero da cui ogni arte trae alimento.