Giacomo Matteotti. Un italiano diverso
Se non si può aggiungere nulla a quanto è già
stato scritto sul delitto Matteotti, molto si può
dire invece sul ruolo che ebbe nella politica
del tempo e sul suo lato umano, che in pochi
conoscono. Questa biografia prende le mosse
dal corpus epistolare tra Giacomo e l’amata
moglie Velia, una testimonianza finora
ingiustamente trascurata ma di enorme valore
storico, una corrispondenza fittissima che
si estende dal 1912 al 1924, anno della morte
di lui. Attraverso le loro parole intime e accorate
leggiamo in filigrana la storia di un Polesine
povero e marginale al volgere del secolo
e dell’Italia agli albori del fascismo.
Documenti che gettano luce sulla forza interiore
del deputato socialista ma anche sulle fragilità
e le contraddizioni nascoste dietro un’energia e una
volontà incrollabili: soltanto queste lettere rivelano
la sua solitudine, i giudizi taglienti su alcuni
compagni di partito e sulla fallimentare politica
dei socialisti nel primo dopoguerra, la stima
per qualche avversario, i sacrifici che impose
alla famiglia e i dubbi che oscuravano le sue
granitiche certezze. Matteotti fu un uomo duro,
intransigente, mai disponibile al compromesso,
un politico spesso settario che non faceva sconti
a nessuno, neppure a se stesso, che suscitava
scarse simpatie anche nel suo partito,
probabilmente amato soltanto dai poveri
contadini polesani dei quali aveva sposato
la causa. Andò contro i suoi stessi interessi
e contro la sua classe sociale, che non
gli perdonò mai il tradimento. Il mito
che nacque già all’indomani del suo assassinio
non deve trarre in inganno: in vita Matteotti
fu un uomo profondamente divisivo. Ma fu
anche un combattente intrepido, un osservatore
lucido che comprese la natura del fascismo
prima e meglio di tutti, l’unico che in parlamento
non smise mai di parlare e che per questo pagò
un prezzo crudele.
Se non si può aggiungere nulla a quanto è già
stato scritto sul delitto Matteotti, molto si può
dire invece sul ruolo che ebbe nella politica
del tempo e sul suo lato umano, che in pochi
conoscono. Questa biografia prende le mosse
dal corpus epistolare tra Giacomo e l’amata
moglie Velia, una testimonianza finora
ingiustamente trascurata ma di enorme valore
storico, una corrispondenza fittissima che
si estende dal 1912 al 1924, anno della morte
di lui. Attraverso le loro parole intime e accorate
leggiamo in filigrana la storia di un Polesine
povero e marginale al volgere del secolo
e dell’Italia agli albori del fascismo.
Documenti che gettano luce sulla forza interiore
del deputato socialista ma anche sulle fragilità
e le contraddizioni nascoste dietro un’energia e una
volontà incrollabili: soltanto queste lettere rivelano
la sua solitudine, i giudizi taglienti su alcuni
compagni di partito e sulla fallimentare politica
dei socialisti nel primo dopoguerra, la stima
per qualche avversario, i sacrifici che impose
alla famiglia e i dubbi che oscuravano le sue
granitiche certezze. Matteotti fu un uomo duro,
intransigente, mai disponibile al compromesso,
un politico spesso settario che non faceva sconti
a nessuno, neppure a se stesso, che suscitava
scarse simpatie anche nel suo partito,
probabilmente amato soltanto dai poveri
contadini polesani dei quali aveva sposato
la causa. Andò contro i suoi stessi interessi
e contro la sua classe sociale, che non
gli perdonò mai il tradimento. Il mito
che nacque già all’indomani del suo assassinio
non deve trarre in inganno: in vita Matteotti
fu un uomo profondamente divisivo. Ma fu
anche un combattente intrepido, un osservatore
lucido che comprese la natura del fascismo
prima e meglio di tutti, l’unico che in parlamento
non smise mai di parlare e che per questo pagò
un prezzo crudele.