A chi smeraldi e a chi rane
Fin dal volo degli uccelli in cui gli antichi
scrutavano il futuro o dalle fiere che Dante
incontra avventurandosi per la selva oscura,
gli animali sono affascinanti allegorie del nostro
vivere, ma “nella loro grande famiglia a cui anche
noi umani apparteniamo, ci sono quelli che
sentiamo più simili a noi”, scrive Bianca Pitzorno:
ed è proprio un sentimento di profonda affinità
a percorrere queste pagine in cui creature della
terra, dell’aria, dell’acqua intrecciano le loro
esistenze con sorprendente naturalezza.
L’autrice di questo memoir è nata e cresciuta
in una Sardegna dove campagna e città, terra e
mare sono ancora un continuum e una bambina
curiosa può passeggiare in piazza all’ora dello
struscio accompagnata dal germano reale
Quaquarone, tenere sotto il banco di scuola la
tartaruga Andrea o covare sotto l’ascella un uovo
di canarino convinta di vederne nascere un
pulcino. Ma il racconto non si ferma nel frinire
della campagna sassarese, segue la sua
protagonista umana negli anni dell’università
a Cagliari, in quelli milanesi – dove a topi
e pipistrelli si sostituiscono felini capaci
di rispondere al telefono e rane dal meraviglioso
color verde smeraldo – e nei viaggi in paesi più
o meno lontani dove s’incontrano vipere francesi,
galline eritree, coccodrilli cubani.
I colori, le abitudini, i misteriosi linguaggi della
folla di creature con cui la protagonista vive
incredibili avventure sono evocati con rispetto,
quasi che Bianca Pitzorno si consideri
un’extraterrestre alla pari desiderosa di fare
amicizia con i veri abitanti del pianeta su cui
trova ospitalità. A chi smeraldi e a chi rane
è un’autobiografia intellettuale antiretorica,
commovente e spassosissima che ci fa riflettere
in modo profondo sul nostro essere umani.
Fin dal volo degli uccelli in cui gli antichi
scrutavano il futuro o dalle fiere che Dante
incontra avventurandosi per la selva oscura,
gli animali sono affascinanti allegorie del nostro
vivere, ma “nella loro grande famiglia a cui anche
noi umani apparteniamo, ci sono quelli che
sentiamo più simili a noi”, scrive Bianca Pitzorno:
ed è proprio un sentimento di profonda affinità
a percorrere queste pagine in cui creature della
terra, dell’aria, dell’acqua intrecciano le loro
esistenze con sorprendente naturalezza.
L’autrice di questo memoir è nata e cresciuta
in una Sardegna dove campagna e città, terra e
mare sono ancora un continuum e una bambina
curiosa può passeggiare in piazza all’ora dello
struscio accompagnata dal germano reale
Quaquarone, tenere sotto il banco di scuola la
tartaruga Andrea o covare sotto l’ascella un uovo
di canarino convinta di vederne nascere un
pulcino. Ma il racconto non si ferma nel frinire
della campagna sassarese, segue la sua
protagonista umana negli anni dell’università
a Cagliari, in quelli milanesi – dove a topi
e pipistrelli si sostituiscono felini capaci
di rispondere al telefono e rane dal meraviglioso
color verde smeraldo – e nei viaggi in paesi più
o meno lontani dove s’incontrano vipere francesi,
galline eritree, coccodrilli cubani.
I colori, le abitudini, i misteriosi linguaggi della
folla di creature con cui la protagonista vive
incredibili avventure sono evocati con rispetto,
quasi che Bianca Pitzorno si consideri
un’extraterrestre alla pari desiderosa di fare
amicizia con i veri abitanti del pianeta su cui
trova ospitalità. A chi smeraldi e a chi rane
è un’autobiografia intellettuale antiretorica,
commovente e spassosissima che ci fa riflettere
in modo profondo sul nostro essere umani.