Ritorno in Puglia
Bernardo Bleve ha un complesso rapporto
con la sua terra – una Puglia rappresentata
nella sua antica bellezza ma senza alcuna forma
di retorica –, con la sua famiglia – la moglie
Elena, i figli Gelasio, che lavora a Londra
nel mondo dell’alta finanza, Francesca
e il giovane Pietro – e con l’azienda agricola
che ha ereditato e che ha trasformato in una
prospera impresa industriale di bevande.
Tutti legami nei quali si mescolano idealismo
e vanità, ipocrisia e desiderio di operare
per un riscatto. Alla fine degli anni novanta,
quasi come sentisse il bisogno di riparare,
attraverso il proprio impegno, a un’immensa
disgrazia – l’affondamento di una motovedetta
carica di profughi da parte di una nave da guerra
italiana nelle acque di fronte a Brindisi –,
Bernardo accoglie una famiglia di albanesi.
Sospesi tra un passato lasciato al di là del mare
e il futuro che si apre in Italia per i loro figli,
gli albanesi portano con loro energie nuove
ma al tempo stesso spezzano l’antico equilibrio.
Tutti in questo romanzo, del resto, devono
fare i conti con il tema della colpa: perché
“non sappiamo mai veramente quanto male
abbiamo fatto agli altri”, anche quando
eravamo mossi dalle migliori intenzioni.
Con una scrittura morbida eppure estremamente
precisa, capace di grandi campiture come
dell’analisi spietata di singoli dettagli rivelatori,
Marco Ferrante scrive un romanzo sugli slanci
e le contraddizioni di una borghesia che
si dichiara progressista ma che è animata
dai moventi più inconfessabili, e sulle illusioni
che possono sostenerci per una vita intera
oppure farci imboccare la strada sbagliata.
E dà vita a una storia che si legge come
una avvincente saga familiare ma ha la densità
di una tragedia.
Bernardo Bleve ha un complesso rapporto
con la sua terra – una Puglia rappresentata
nella sua antica bellezza ma senza alcuna forma
di retorica –, con la sua famiglia – la moglie
Elena, i figli Gelasio, che lavora a Londra
nel mondo dell’alta finanza, Francesca
e il giovane Pietro – e con l’azienda agricola
che ha ereditato e che ha trasformato in una
prospera impresa industriale di bevande.
Tutti legami nei quali si mescolano idealismo
e vanità, ipocrisia e desiderio di operare
per un riscatto. Alla fine degli anni novanta,
quasi come sentisse il bisogno di riparare,
attraverso il proprio impegno, a un’immensa
disgrazia – l’affondamento di una motovedetta
carica di profughi da parte di una nave da guerra
italiana nelle acque di fronte a Brindisi –,
Bernardo accoglie una famiglia di albanesi.
Sospesi tra un passato lasciato al di là del mare
e il futuro che si apre in Italia per i loro figli,
gli albanesi portano con loro energie nuove
ma al tempo stesso spezzano l’antico equilibrio.
Tutti in questo romanzo, del resto, devono
fare i conti con il tema della colpa: perché
“non sappiamo mai veramente quanto male
abbiamo fatto agli altri”, anche quando
eravamo mossi dalle migliori intenzioni.
Con una scrittura morbida eppure estremamente
precisa, capace di grandi campiture come
dell’analisi spietata di singoli dettagli rivelatori,
Marco Ferrante scrive un romanzo sugli slanci
e le contraddizioni di una borghesia che
si dichiara progressista ma che è animata
dai moventi più inconfessabili, e sulle illusioni
che possono sostenerci per una vita intera
oppure farci imboccare la strada sbagliata.
E dà vita a una storia che si legge come
una avvincente saga familiare ma ha la densità
di una tragedia.