Pensieri
Miracolosamente sopravvissuto alle traversie dei secoli, l'aureo libretto del grande imperatore di Roma (121-180 d.C.) è non solo documento di fede stoica, ma testimonianza incredibilmente diretta di una coscienza umanissima alla ricerca di sé e del Divino.
I momenti storici erano difficili, per le rovinose incursioni di popoli barbarici. Il Cristianesimo vincente si opponeva con la pervicacia della fede rivelata e monoteistica ai vecchi culti esangui e spesso solo cornice istituzionale; e l'Impero era lacerato dagli interventi persecutori del pur saggio imperatore. Il quale, con spirito illuminato, vagheggiava una monarchia umanistica, in cui tutti godessero di libertà civili e politiche, senza discriminazioni.
Il primo libro, che davvero merita il titolo di ''Pensieri'', è una profonda, pacata, altissima meditazione di Marco Aurelio, alla fine del suo cammino, sulla vita vissuta e sulle persone amate.
L'operetta di Marco Aurelio, una delle vette del grande umanesimo degli Antonini, deve il suo fascino perenne, non tanto alle novità filosofiche, quanto al tono e al taglio personale di confessione, tanto più toccante in quanto non erano parole destinate alla pubblicazione, ma, in forma letterariamente efficace, rivolte alla propria coscienza.
Le Note a se stesso sono schiette e senza autocensure, quali inevitabilmente si sarebbero accompagnate a una loro pubblicazione. Per cui non mancano scoppi di indignazione o malumore o tragica malinconia, quella di un uomo solo, più filosofo che guerriero, costretto alla guerra per la salvezza di Roma; e c'è anche la malinconia dovuta alla percezione acuta, seppure inconfessata, della crisi di un mondo. Ma Marco Aurelio non cede: crede nei valori più alti dell'eredità greco-romana, cioè alla ragione, alla virtù, alla bellezza, alla pietas. E la sua ragione è l'essenza stessa del Cosmo, unità molteplice non priva di irregolarità d'ogni sorta, ma nondimeno ordine esemplare. L'opera è curata da Cesare Cassanmagnago, allievo di Giovanni Reale, docente di Storia e filosofia negli istituti superiori e attento studioso del pensiero neostoico con particolare riferimento a Epitteto e Marco Aurelio.
Miracolosamente sopravvissuto alle traversie dei secoli, l'aureo libretto del grande imperatore di Roma (121-180 d.C.) è non solo documento di fede stoica, ma testimonianza incredibilmente diretta di una coscienza umanissima alla ricerca di sé e del Divino.
I momenti storici erano difficili, per le rovinose incursioni di popoli barbarici. Il Cristianesimo vincente si opponeva con la pervicacia della fede rivelata e monoteistica ai vecchi culti esangui e spesso solo cornice istituzionale; e l'Impero era lacerato dagli interventi persecutori del pur saggio imperatore. Il quale, con spirito illuminato, vagheggiava una monarchia umanistica, in cui tutti godessero di libertà civili e politiche, senza discriminazioni.
Il primo libro, che davvero merita il titolo di ''Pensieri'', è una profonda, pacata, altissima meditazione di Marco Aurelio, alla fine del suo cammino, sulla vita vissuta e sulle persone amate.
L'operetta di Marco Aurelio, una delle vette del grande umanesimo degli Antonini, deve il suo fascino perenne, non tanto alle novità filosofiche, quanto al tono e al taglio personale di confessione, tanto più toccante in quanto non erano parole destinate alla pubblicazione, ma, in forma letterariamente efficace, rivolte alla propria coscienza.
Le Note a se stesso sono schiette e senza autocensure, quali inevitabilmente si sarebbero accompagnate a una loro pubblicazione. Per cui non mancano scoppi di indignazione o malumore o tragica malinconia, quella di un uomo solo, più filosofo che guerriero, costretto alla guerra per la salvezza di Roma; e c'è anche la malinconia dovuta alla percezione acuta, seppure inconfessata, della crisi di un mondo. Ma Marco Aurelio non cede: crede nei valori più alti dell'eredità greco-romana, cioè alla ragione, alla virtù, alla bellezza, alla pietas. E la sua ragione è l'essenza stessa del Cosmo, unità molteplice non priva di irregolarità d'ogni sorta, ma nondimeno ordine esemplare. L'opera è curata da Cesare Cassanmagnago, allievo di Giovanni Reale, docente di Storia e filosofia negli istituti superiori e attento studioso del pensiero neostoico con particolare riferimento a Epitteto e Marco Aurelio.