Opere. Guerre
Nessuno ha raccontato la guerra come Svetlana
Aleksievič, instancabile raccoglitrice di storie e
testimonianze, poi restituite nei suoi libri
attraverso quella “scrittura polifonica” che nel
2015 le è valsa il premio Nobel per la Letteratura.
Il primo volume della raccolta di tutte le sue
opere include La guerra non ha un volto di
donna, Gli ultimi testimoni e Ragazzi di zinco,
la cui traduzione è stata rivista a partire da una
nuova versione aumentata e inedita in Italia.
Nella trilogia delle Guerre l’esperienza tragica
del conflitto – il secondo mondiale e quello
in Afghanistan tra il 1979 e il 1989 – è resa
attraverso il coro di voci che ne sono state
protagoniste, vittime e testimoni insieme.
“Per me il percorso dell’anima è più importante
dell’accadimento stesso, al primo posto non c’è
il ‘come è stato’ ma come la persona l’ha vissuto,
patito, che cosa ha compreso di se stesso nella
guerra, nella catastrofe nucleare, nella subitanea
disintegrazione di quello che era il suo mondo.
Nei miei libri il ‘fatto’ non è il mero accadimento,
ma i sentimenti che ne vengono indotti [...]. È la
storia dei sentimenti con la speranza che ogni
persona desideri maggiormente conoscere
qualcosa che riguarda un’altra persona, piuttosto
che la guerra o Černobyl’. Raccolgo testimonianze
non sul fatto che c’eravamo, ma sul come
eravamo. Quali persone. E come rispondevamo
alla questione: sì, c’eravamo, ma per che cosa?”
Svetlana Aleksievič
Nessuno ha raccontato la guerra come Svetlana
Aleksievič, instancabile raccoglitrice di storie e
testimonianze, poi restituite nei suoi libri
attraverso quella “scrittura polifonica” che nel
2015 le è valsa il premio Nobel per la Letteratura.
Il primo volume della raccolta di tutte le sue
opere include La guerra non ha un volto di
donna, Gli ultimi testimoni e Ragazzi di zinco,
la cui traduzione è stata rivista a partire da una
nuova versione aumentata e inedita in Italia.
Nella trilogia delle Guerre l’esperienza tragica
del conflitto – il secondo mondiale e quello
in Afghanistan tra il 1979 e il 1989 – è resa
attraverso il coro di voci che ne sono state
protagoniste, vittime e testimoni insieme.
“Per me il percorso dell’anima è più importante
dell’accadimento stesso, al primo posto non c’è
il ‘come è stato’ ma come la persona l’ha vissuto,
patito, che cosa ha compreso di se stesso nella
guerra, nella catastrofe nucleare, nella subitanea
disintegrazione di quello che era il suo mondo.
Nei miei libri il ‘fatto’ non è il mero accadimento,
ma i sentimenti che ne vengono indotti [...]. È la
storia dei sentimenti con la speranza che ogni
persona desideri maggiormente conoscere
qualcosa che riguarda un’altra persona, piuttosto
che la guerra o Černobyl’. Raccolgo testimonianze
non sul fatto che c’eravamo, ma sul come
eravamo. Quali persone. E come rispondevamo
alla questione: sì, c’eravamo, ma per che cosa?”
Svetlana Aleksievič