La fabbrica delle ragazze
Al centro di questo romanzo ci sono le ragazze:
con i capelli al vento di chi attraversa
la campagna in bicicletta, con le guance
scavate perché il cibo scarseggia ma gli occhi
ardenti di chi ha tutta la vita davanti, con le dita
sottili che sono perfette per costruire le munizioni.
Infatti, durante la Prima guerra mondiale,
la fabbrica Sutter & Thévenot sceglie proprio
la campagna lombarda per installare,
a Castellazzo di Bollate, uno degli stabilimenti
dove centinaia di donne giovanissime fanno
i turni per rifornire i soldati al fronte. E poi
ci sono anche loro, i ragazzi, allontanati
dalle famiglie e dal lavoro per andare a far carne
da macello nelle trincee, con i cuori pieni
di nostalgia e pronti ad accendersi quando
arriva una cartolina vergata da una grafia
femminile, come succede a Corrado che
per amore arriva alla diserzione... Ma è il 1918,
la Storia sta accelerando: è così che Emilia,
la piscinìna, la mattina del 7 giugno saluta
i genitori senza sapere se li rivedrà, perché una
grave esplosione investirà la fabbrica causando
decine di vittime, quasi tutte donne e bambine.
La produzione però riprende subito, in tempo
di guerra le vite umane contano ancora meno
del solito. È così che Corrado e il padre di
Emilia, Martino, con sua moglie Teresa
dovranno accettare che la realtà è più dura dei
sogni e il tempo scorre indifferente come il
Seveso sotto il grande cielo. Con una lingua
intensamente poetica e venata di dialetto senza
mai indulgere nella maniera, Ilaria Rossetti
racconta un episodio quasi dimenticato e più
che mai attuale di lavoro femminile e morti
bianche: prima di lei, fu Ernest Hemingway
a parlarne in uno dei Quarantanove racconti.
In queste pagine la storia vera dell’esplosione
della fabbrica Sutter & Thévenot di Bollate,
che uccise cinquantanove tra operai e operaie,
da testimonianza si fa romanzo e attraverso
le voci di tante piccole vite non smette
di chiederci ascolto.
Al centro di questo romanzo ci sono le ragazze:
con i capelli al vento di chi attraversa
la campagna in bicicletta, con le guance
scavate perché il cibo scarseggia ma gli occhi
ardenti di chi ha tutta la vita davanti, con le dita
sottili che sono perfette per costruire le munizioni.
Infatti, durante la Prima guerra mondiale,
la fabbrica Sutter & Thévenot sceglie proprio
la campagna lombarda per installare,
a Castellazzo di Bollate, uno degli stabilimenti
dove centinaia di donne giovanissime fanno
i turni per rifornire i soldati al fronte. E poi
ci sono anche loro, i ragazzi, allontanati
dalle famiglie e dal lavoro per andare a far carne
da macello nelle trincee, con i cuori pieni
di nostalgia e pronti ad accendersi quando
arriva una cartolina vergata da una grafia
femminile, come succede a Corrado che
per amore arriva alla diserzione... Ma è il 1918,
la Storia sta accelerando: è così che Emilia,
la piscinìna, la mattina del 7 giugno saluta
i genitori senza sapere se li rivedrà, perché una
grave esplosione investirà la fabbrica causando
decine di vittime, quasi tutte donne e bambine.
La produzione però riprende subito, in tempo
di guerra le vite umane contano ancora meno
del solito. È così che Corrado e il padre di
Emilia, Martino, con sua moglie Teresa
dovranno accettare che la realtà è più dura dei
sogni e il tempo scorre indifferente come il
Seveso sotto il grande cielo. Con una lingua
intensamente poetica e venata di dialetto senza
mai indulgere nella maniera, Ilaria Rossetti
racconta un episodio quasi dimenticato e più
che mai attuale di lavoro femminile e morti
bianche: prima di lei, fu Ernest Hemingway
a parlarne in uno dei Quarantanove racconti.
In queste pagine la storia vera dell’esplosione
della fabbrica Sutter & Thévenot di Bollate,
che uccise cinquantanove tra operai e operaie,
da testimonianza si fa romanzo e attraverso
le voci di tante piccole vite non smette
di chiederci ascolto.