La colpa è mia
“Certe volte quando parli sembra che tiri fuori
un’altra persona,” dice Aby con inquietudine
quando Bruno le confida un ricordo d’infanzia.
E, come sempre, ha ragione; la sensazione
di essere abitato da pensieri e pulsioni che
non è capace di riconoscere si coagula per Bruno
in un pensiero: “Le persone che ho attorno
sanno di me molto più di quanto io saprò mai.”
Quando Bruno scopre che la sua ragazza Aby
morirà, morirà davvero, l’unica cosa che può fare
è fingersi all’altezza della situazione, fare l’uomo.
Ancora dipendente dalla generazione dei genitori
e dei nonni, il cui sguardo severo lo opprime
quanto l’incapacità di rendersi autonomo
fino in fondo, da giornalista freelance prova
a guadagnare qualche soldo calandosi nelle
community degli indesiderabili, gli incel,
involuntary celibates: uomini che esclusi dal
gioco della seduzione fanno dell’odio per le
donne la loro livorosa bandiera. Così conosce
Petrus, sgradevole come i forum online dove
manifesta pensieri misogini e persecutori.
Eppure anche Petrus sembra sapere di Bruno
qualcosa che lui non vorrebbe mai ammettere,
e lo guarda come un profeta sulla soglia di un
tempio, in attesa che l’adepto si decida a entrare.
In una Lecce allucinata e irreale, resa aliena
dal lockdown, i protagonisti di questo romanzo
sono accompagnati dall’ombra anche sotto il sole
più verticale eppure, abitati dal sovrumano
bisogno di capire di chi sia la colpa della loro
solitudine, non smettono di cercare. Andrea
Donaera scrive un romanzo sulla sua generazione
inceppata, sul nostro mondo ammalato di desideri
inespressi, e coniuga in modo mirabile lo sguardo
sul male, che mina l’anima da dentro come la
più feroce delle malattie, e una immensa tenerezza.
“Certe volte quando parli sembra che tiri fuori
un’altra persona,” dice Aby con inquietudine
quando Bruno le confida un ricordo d’infanzia.
E, come sempre, ha ragione; la sensazione
di essere abitato da pensieri e pulsioni che
non è capace di riconoscere si coagula per Bruno
in un pensiero: “Le persone che ho attorno
sanno di me molto più di quanto io saprò mai.”
Quando Bruno scopre che la sua ragazza Aby
morirà, morirà davvero, l’unica cosa che può fare
è fingersi all’altezza della situazione, fare l’uomo.
Ancora dipendente dalla generazione dei genitori
e dei nonni, il cui sguardo severo lo opprime
quanto l’incapacità di rendersi autonomo
fino in fondo, da giornalista freelance prova
a guadagnare qualche soldo calandosi nelle
community degli indesiderabili, gli incel,
involuntary celibates: uomini che esclusi dal
gioco della seduzione fanno dell’odio per le
donne la loro livorosa bandiera. Così conosce
Petrus, sgradevole come i forum online dove
manifesta pensieri misogini e persecutori.
Eppure anche Petrus sembra sapere di Bruno
qualcosa che lui non vorrebbe mai ammettere,
e lo guarda come un profeta sulla soglia di un
tempio, in attesa che l’adepto si decida a entrare.
In una Lecce allucinata e irreale, resa aliena
dal lockdown, i protagonisti di questo romanzo
sono accompagnati dall’ombra anche sotto il sole
più verticale eppure, abitati dal sovrumano
bisogno di capire di chi sia la colpa della loro
solitudine, non smettono di cercare. Andrea
Donaera scrive un romanzo sulla sua generazione
inceppata, sul nostro mondo ammalato di desideri
inespressi, e coniuga in modo mirabile lo sguardo
sul male, che mina l’anima da dentro come la
più feroce delle malattie, e una immensa tenerezza.