In frantumi
“Il giorno di Santo Stefano ero a Roma, e dopo una bella passeggiata fino a Piazza del Popolo, seguita da un giretto a Villa Borghese, poco dopo essere rientrato a casa sono caduto.”
È la fine del 2022 quando la vita di Hanif Kureishi cambia. Dopo quella caduta non può più camminare, scrivere o lavarsi; non può fare nulla senza l’aiuto degli altri. Inizia così la sua odissea, prima all’ospedale poi in un centro
di riabilitazione, con la speranza di tornare nella casa di Londra, che lo accoglierà di lì
a un anno, trasformata per adattarsi a lui,
che a sua volta si adatta con fatica, rabbia, umorismo, coraggio al suo nuovo qui ed ora. “Molti dicono che quando sei in punto di morte tutta la vita ti scorre davanti agli occhi, ma io non pensavo al passato quanto al futuro,
a tutto quello che mi era stato sottratto, a tutte le cose che volevo fare.” È il futuro, via via
che si fa presente, la materia di questo libro, una serie di dispacci dal letto d’ospedale e dopo il ritorno a casa, dettati ai suoi cari e poi editati con pazienza, che restituiscono la voce
di Hanif Kureishi come l’abbiamo sentita nei suoi romanzi: feroce, ironica, onesta. Ne viene
il diario di un’esistenza in frantumi, scandita dalle cure e illuminata dalla presenza degli altri, la famiglia, gli amici vecchi e nuovi,
i medici, gli infermieri, i compagni di malattia. Un’esistenza da abitare in un altro modo,
da reinventare ogni giorno senza arrendersi, perché “io non mi voglio lasciar andare:
di tutto questo voglio fare qualcosa”.
“Il giorno di Santo Stefano ero a Roma, e dopo una bella passeggiata fino a Piazza del Popolo, seguita da un giretto a Villa Borghese, poco dopo essere rientrato a casa sono caduto.”
È la fine del 2022 quando la vita di Hanif Kureishi cambia. Dopo quella caduta non può più camminare, scrivere o lavarsi; non può fare nulla senza l’aiuto degli altri. Inizia così la sua odissea, prima all’ospedale poi in un centro
di riabilitazione, con la speranza di tornare nella casa di Londra, che lo accoglierà di lì
a un anno, trasformata per adattarsi a lui,
che a sua volta si adatta con fatica, rabbia, umorismo, coraggio al suo nuovo qui ed ora. “Molti dicono che quando sei in punto di morte tutta la vita ti scorre davanti agli occhi, ma io non pensavo al passato quanto al futuro,
a tutto quello che mi era stato sottratto, a tutte le cose che volevo fare.” È il futuro, via via
che si fa presente, la materia di questo libro, una serie di dispacci dal letto d’ospedale e dopo il ritorno a casa, dettati ai suoi cari e poi editati con pazienza, che restituiscono la voce
di Hanif Kureishi come l’abbiamo sentita nei suoi romanzi: feroce, ironica, onesta. Ne viene
il diario di un’esistenza in frantumi, scandita dalle cure e illuminata dalla presenza degli altri, la famiglia, gli amici vecchi e nuovi,
i medici, gli infermieri, i compagni di malattia. Un’esistenza da abitare in un altro modo,
da reinventare ogni giorno senza arrendersi, perché “io non mi voglio lasciar andare:
di tutto questo voglio fare qualcosa”.