Fuggitiva perché regina
In una certa misura, nessuno di noi può dire
di aver conosciuto fino in fondo i propri genitori.
La protagonista di questo romanzo, per esempio,
è una di quelle donne per cui la maternità
ha significato un grande conforto e al tempo
stesso un peso quasi insostenibile. Bellissima
ed eccentrica, molto amata eppure sempre sola,
piena di spirito ma divorata dalle depressioni,
Catherine è per le sue figlie una madre
grandiosa e sfuggente, come il titolo proustiano
di questo libro dice con poetica precisione.
Per ritrovarla, la figlia minore ormai adulta
intraprende un cammino a ritroso, guidata
da un’intuizione: “La sua vita me l’aveva
raccontata nei minimi dettagli, ma per darle
corpo occorreva immaginarla, interpretarla.
Dovevo farmi narratrice a mia volta, per
restituirle la sua umanità.”
È così che grazie a una modulazione sapiente
del punto di vista sperimentiamo la sensazione
quasi fisica del cambiamento dei sentimenti
di una bambina di fronte all’oggetto del suo
amore, del suo orgoglio e della sua disperazione.
A mano a mano che il personaggio di Catherine
cresce, dietro l’eroina incantevole ed eccessiva
scopriamo la ragazza dilaniata da un desiderio
di libertà che si scontra con ciò che gli altri,
la società ma anche le sue stesse figlie,
si aspettano da lei.
Con una prosa sicura e piena di sfumature
Violaine Huisman scrive il romanzo di una
donna del Novecento e dà vita a un mémoir
che è liberatorio perché conduce al perdono:
uno dei più grandi atti d’amore possibili verso
chi ci ha generati.
In una certa misura, nessuno di noi può dire
di aver conosciuto fino in fondo i propri genitori.
La protagonista di questo romanzo, per esempio,
è una di quelle donne per cui la maternità
ha significato un grande conforto e al tempo
stesso un peso quasi insostenibile. Bellissima
ed eccentrica, molto amata eppure sempre sola,
piena di spirito ma divorata dalle depressioni,
Catherine è per le sue figlie una madre
grandiosa e sfuggente, come il titolo proustiano
di questo libro dice con poetica precisione.
Per ritrovarla, la figlia minore ormai adulta
intraprende un cammino a ritroso, guidata
da un’intuizione: “La sua vita me l’aveva
raccontata nei minimi dettagli, ma per darle
corpo occorreva immaginarla, interpretarla.
Dovevo farmi narratrice a mia volta, per
restituirle la sua umanità.”
È così che grazie a una modulazione sapiente
del punto di vista sperimentiamo la sensazione
quasi fisica del cambiamento dei sentimenti
di una bambina di fronte all’oggetto del suo
amore, del suo orgoglio e della sua disperazione.
A mano a mano che il personaggio di Catherine
cresce, dietro l’eroina incantevole ed eccessiva
scopriamo la ragazza dilaniata da un desiderio
di libertà che si scontra con ciò che gli altri,
la società ma anche le sue stesse figlie,
si aspettano da lei.
Con una prosa sicura e piena di sfumature
Violaine Huisman scrive il romanzo di una
donna del Novecento e dà vita a un mémoir
che è liberatorio perché conduce al perdono:
uno dei più grandi atti d’amore possibili verso
chi ci ha generati.