Cosa farò da grande. I miei primi 90
Gino Paoli ha attraversato le stagioni
più straordinarie della canzone italiana
da protagonista eppure in modo sempre
un po’ sghembo, ironico, forse disilluso.
La sua storia corre insieme a quella del nostro
Paese, risorto dalle ceneri della dittatura e della
guerra per dare avvio a un’epoca di inesauribile
creatività, dove un giovane uomo di genio
e sregolatezza alterna enormi successi
a momenti di crisi, ma tutte le volte che cade
si rialza più fiero di prima. Paoli scrive canzoni
indimenticabili, ama donne baciate dal talento
e dalla bellezza, guida auto troppo veloci,
dipinge, esplora le profondità marine, mette
al mondo quattro figli, assiste alla morte di amici
carissimi e la sfiora lui stesso, come quando,
nel 1963, si spara: ma la pallottola si ferma
nel pericardio, dove sta ancora anche se “non
rompe più le scatole facendo suonare il metal
detector, deve essersi arrugginita”.
In questa passeggiata sul tetto dei ricordi – dalle
bombe americane su Genova all’esordio per
l’etichetta discografica del mitico Nanni Ricordi,
dal Cantagiro a Sanremo, da Luigi Tenco a
Ornella Vanoni, da Stefania Sandrelli a Fabrizio
De André, dalla gatta Ciacola agli amati cani
che oggi tengono compagnia a lui e alla moglie
Paola – Gino Paoli si racconta all’amico Daniele
Bresciani con schiettezza. E non esita a porsi
domande difficili: “Sono quello di oggi o quello
di cinquant’anni anni fa? Il tenero paroliere o il
pittore spiantato? L’idiota diciottenne, il marito,
il padre? L’oste o il bevitore? L’incosciente
capace di sbagasciarsi in un giorno una paga
intera o il cantante di successo?” Per concludere
con la sua inconfondibile, ruvida poesia:
“Una risposta non c’è. Ciascuno di noi è tutti
e nessuno. Resta l’amore, forse, a dirci chi siamo.”
Gino Paoli ha attraversato le stagioni
più straordinarie della canzone italiana
da protagonista eppure in modo sempre
un po’ sghembo, ironico, forse disilluso.
La sua storia corre insieme a quella del nostro
Paese, risorto dalle ceneri della dittatura e della
guerra per dare avvio a un’epoca di inesauribile
creatività, dove un giovane uomo di genio
e sregolatezza alterna enormi successi
a momenti di crisi, ma tutte le volte che cade
si rialza più fiero di prima. Paoli scrive canzoni
indimenticabili, ama donne baciate dal talento
e dalla bellezza, guida auto troppo veloci,
dipinge, esplora le profondità marine, mette
al mondo quattro figli, assiste alla morte di amici
carissimi e la sfiora lui stesso, come quando,
nel 1963, si spara: ma la pallottola si ferma
nel pericardio, dove sta ancora anche se “non
rompe più le scatole facendo suonare il metal
detector, deve essersi arrugginita”.
In questa passeggiata sul tetto dei ricordi – dalle
bombe americane su Genova all’esordio per
l’etichetta discografica del mitico Nanni Ricordi,
dal Cantagiro a Sanremo, da Luigi Tenco a
Ornella Vanoni, da Stefania Sandrelli a Fabrizio
De André, dalla gatta Ciacola agli amati cani
che oggi tengono compagnia a lui e alla moglie
Paola – Gino Paoli si racconta all’amico Daniele
Bresciani con schiettezza. E non esita a porsi
domande difficili: “Sono quello di oggi o quello
di cinquant’anni anni fa? Il tenero paroliere o il
pittore spiantato? L’idiota diciottenne, il marito,
il padre? L’oste o il bevitore? L’incosciente
capace di sbagasciarsi in un giorno una paga
intera o il cantante di successo?” Per concludere
con la sua inconfondibile, ruvida poesia:
“Una risposta non c’è. Ciascuno di noi è tutti
e nessuno. Resta l’amore, forse, a dirci chi siamo.”