Chiassovezzano
Nella Trieste della metà del Novecento quella
dei Dörfles è una delle tante famiglie ebraiche
assimilate, intensamente partecipe della vita
culturale e civile della città. Giorgio – futuro
padre di Piero – si converte e sposa Alma,
e con lei rimane in città cercando di svolgere
il suo lavoro di avvocato. Anche Gillo, con
la moglie Lalla, continua la sua vita di viaggi
e di incontri, ma si ritira in Toscana, perché
le leggi razziali, la cui promulgazione Mussolini
sceglie di annunciare proprio a Trieste,
impediscono ai Dörfles di svolgere il loro lavoro.
Nel 1943, con l’armistizio e l’occupazione
militare tedesca, la fuga si fa inevitabile. È da
quel momento che la tenuta di Chiassovezzano,
nel comune di Lajatico, tra Pisa e Volterra,
diventa il rifugio di questa particolare famiglia.
Piero Dorfles – il cui cognome ha perso la Umlaut
durante le vicissitudini narrate nel libro –
sceglie di rievocare quei mesi terribili attraverso
il racconto della casa di Chiassovezzano, delle sue
stanze piene di storia e di storie, del suo giardino,
degli scantinati usati come rifugi antiaerei,
della pantera nera che ne è il simbolo un po’
misterioso: perché ogni cosa, in quel luogo, parla
di chi lo ha scelto e abitato. “Ma nessun eroismo,
in famiglia. Sconsideratezza, una buona dose
di incoscienza. Il termine che mi sembra più
adatto è quello di temerarietà.”
Nella Trieste della metà del Novecento quella
dei Dörfles è una delle tante famiglie ebraiche
assimilate, intensamente partecipe della vita
culturale e civile della città. Giorgio – futuro
padre di Piero – si converte e sposa Alma,
e con lei rimane in città cercando di svolgere
il suo lavoro di avvocato. Anche Gillo, con
la moglie Lalla, continua la sua vita di viaggi
e di incontri, ma si ritira in Toscana, perché
le leggi razziali, la cui promulgazione Mussolini
sceglie di annunciare proprio a Trieste,
impediscono ai Dörfles di svolgere il loro lavoro.
Nel 1943, con l’armistizio e l’occupazione
militare tedesca, la fuga si fa inevitabile. È da
quel momento che la tenuta di Chiassovezzano,
nel comune di Lajatico, tra Pisa e Volterra,
diventa il rifugio di questa particolare famiglia.
Piero Dorfles – il cui cognome ha perso la Umlaut
durante le vicissitudini narrate nel libro –
sceglie di rievocare quei mesi terribili attraverso
il racconto della casa di Chiassovezzano, delle sue
stanze piene di storia e di storie, del suo giardino,
degli scantinati usati come rifugi antiaerei,
della pantera nera che ne è il simbolo un po’
misterioso: perché ogni cosa, in quel luogo, parla
di chi lo ha scelto e abitato. “Ma nessun eroismo,
in famiglia. Sconsideratezza, una buona dose
di incoscienza. Il termine che mi sembra più
adatto è quello di temerarietà.”