A questo serve il corpo
Il 10 marzo 1914, a Londra, la suffragetta Mary
Richardson impugna un coltello e lo affonda
nella schiena di una donna di divina bellezza,
nuda e intenta a guardarsi allo specchio: è la Venere
Rokeby di Diego Velázquez, conservata alla
National Gallery. Quel gesto di una donna contro
un’altra donna, sia pure dipinta, mira a colpire
il simbolo della femminilità vista dai maschi,
della bellezza tenuta lontana dalla storia. Anche
a questo serve il corpo: a rispecchiarsi, a ribellarsi.
Roberta Scorranese mette al centro della sua
riflessione il corpo femminile e le rappresentazioni
che ne hanno fatto i massimi artisti di tutti
i tempi (tra le altre, la regalità popolana ritratta
nella Madonna del Parto di Piero della Francesca,
l’antimichelangiolesca pienezza della Woman
Eating di Duane Hanson o il dolore monumentale
di Diego e io di Frida Kahlo) ma anche la fisicità
di donne a noi più vicine, ciascuna con il suo
segreto e la sua unicità.
Insieme a quella del corpo, emerge con chiarezza
in queste pagine la centralità dello sguardo,
che fruga le superfici in cerca di una verità più
profonda. Fondamentale è saper guardare, saperci
accostare all’arte con la stessa sete con cui
ci avviciniamo a un corpo amato: con turbamento
ed emozione, disponibili a essere trasformati
da ciò che vediamo e a lasciar scaturire da ogni
incontro nuove storie.
Perché a che cosa serve, questo nostro corpo,
se non a essere la forma di una intima felicità?
Le donne dipinte, le donne reali, le donne come
visioni in questo libro ci dicono che felice è il corpo
capace di cambiare, di non rimanere immobile,
di essere guardato senza perdere il proprio
mistero, di amarsi prima di essere amato, di farsi
luce dentro una tela o voce dentro un racconto.
Il volume contiene un inserto a colori con riprodotte le opere raccontate.
Il 10 marzo 1914, a Londra, la suffragetta Mary
Richardson impugna un coltello e lo affonda
nella schiena di una donna di divina bellezza,
nuda e intenta a guardarsi allo specchio: è la Venere
Rokeby di Diego Velázquez, conservata alla
National Gallery. Quel gesto di una donna contro
un’altra donna, sia pure dipinta, mira a colpire
il simbolo della femminilità vista dai maschi,
della bellezza tenuta lontana dalla storia. Anche
a questo serve il corpo: a rispecchiarsi, a ribellarsi.
Roberta Scorranese mette al centro della sua
riflessione il corpo femminile e le rappresentazioni
che ne hanno fatto i massimi artisti di tutti
i tempi (tra le altre, la regalità popolana ritratta
nella Madonna del Parto di Piero della Francesca,
l’antimichelangiolesca pienezza della Woman
Eating di Duane Hanson o il dolore monumentale
di Diego e io di Frida Kahlo) ma anche la fisicità
di donne a noi più vicine, ciascuna con il suo
segreto e la sua unicità.
Insieme a quella del corpo, emerge con chiarezza
in queste pagine la centralità dello sguardo,
che fruga le superfici in cerca di una verità più
profonda. Fondamentale è saper guardare, saperci
accostare all’arte con la stessa sete con cui
ci avviciniamo a un corpo amato: con turbamento
ed emozione, disponibili a essere trasformati
da ciò che vediamo e a lasciar scaturire da ogni
incontro nuove storie.
Perché a che cosa serve, questo nostro corpo,
se non a essere la forma di una intima felicità?
Le donne dipinte, le donne reali, le donne come
visioni in questo libro ci dicono che felice è il corpo
capace di cambiare, di non rimanere immobile,
di essere guardato senza perdere il proprio
mistero, di amarsi prima di essere amato, di farsi
luce dentro una tela o voce dentro un racconto.
Il volume contiene un inserto a colori con riprodotte le opere raccontate.