Noi
Lo scherzo tormentoso inflitto a un fratellino
minore, un frutto mangiato insieme al nonno
sotto un albero di mandorle, l’intercalare di
un padre – “picciotti mei!”; ma soprattutto un
giorno dell’aprile 1967 in cui piove, Patty Pravo
compie diciannove anni, a San Siro Burgnich
segna il secondo gol contro il Bologna e un
bimbo di cinque anni muore per una malattia
che di lì a pochi mesi diventerà curabile.
Ci sono nella vita infiniti momenti che scorrono
senza che ne conserviamo memoria, e altri
invece destinati a imprimersi nella mente
in modo così vivido da renderli misteriosamente
compresenti a ogni istante che verrà.
Paolo Di Stefano – il fratello maggiore, colui
che gioca in un’altra stanza mentre la morte
arriva, il figlio condannato a vivere e ricordare –
trova in queste pagine le parole per ciascun
ricordo e insieme colma lacune, cerca ragioni,
inscrive la storia di una famiglia nella Storia
che ci coinvolge tutti.
La Sicilia del Ventennio e poi dello sbarco
alleato, un amore a Palermo, la Milano frenetica
del boom, un uomo innamorato della letteratura
che dalla luce accecante del sud giunge
in Svizzera per cercare riscatto da un padre
violento; donne dall’aspetto fragile ma dalla
tempra di leonesse; il dialogo mai interrotto
e mai compiuto con il fratello, la cui voce –
rossa come le macchie sottocutanee della
leucemia – è sottile e perentorio contrappasso
a ogni momento di tregua; il futuro intravisto
nelle curiosità di una figlia. Con emozione
e misurata eleganza il narratore racchiude
in questo romanzo il senso di un’esistenza
intera, raccoglie le tracce di un universo di vite
non illustri eppure notevoli per comporre
il romanzo di una famiglia, di un “noi”: forse
la sola dimensione che possa salvarci, perché
in fondo, senza saperlo, insieme siamo stati felici.
Lo scherzo tormentoso inflitto a un fratellino
minore, un frutto mangiato insieme al nonno
sotto un albero di mandorle, l’intercalare di
un padre – “picciotti mei!”; ma soprattutto un
giorno dell’aprile 1967 in cui piove, Patty Pravo
compie diciannove anni, a San Siro Burgnich
segna il secondo gol contro il Bologna e un
bimbo di cinque anni muore per una malattia
che di lì a pochi mesi diventerà curabile.
Ci sono nella vita infiniti momenti che scorrono
senza che ne conserviamo memoria, e altri
invece destinati a imprimersi nella mente
in modo così vivido da renderli misteriosamente
compresenti a ogni istante che verrà.
Paolo Di Stefano – il fratello maggiore, colui
che gioca in un’altra stanza mentre la morte
arriva, il figlio condannato a vivere e ricordare –
trova in queste pagine le parole per ciascun
ricordo e insieme colma lacune, cerca ragioni,
inscrive la storia di una famiglia nella Storia
che ci coinvolge tutti.
La Sicilia del Ventennio e poi dello sbarco
alleato, un amore a Palermo, la Milano frenetica
del boom, un uomo innamorato della letteratura
che dalla luce accecante del sud giunge
in Svizzera per cercare riscatto da un padre
violento; donne dall’aspetto fragile ma dalla
tempra di leonesse; il dialogo mai interrotto
e mai compiuto con il fratello, la cui voce –
rossa come le macchie sottocutanee della
leucemia – è sottile e perentorio contrappasso
a ogni momento di tregua; il futuro intravisto
nelle curiosità di una figlia. Con emozione
e misurata eleganza il narratore racchiude
in questo romanzo il senso di un’esistenza
intera, raccoglie le tracce di un universo di vite
non illustri eppure notevoli per comporre
il romanzo di una famiglia, di un “noi”: forse
la sola dimensione che possa salvarci, perché
in fondo, senza saperlo, insieme siamo stati felici.